Torino - Mercoledì 19 maggio 2010 è stato il giorno in cui Andrea Agnelli è diventato ufficialmente presidente della Juventus: dopo 50 anni - e dopo il nonno Edoardo, lo zio Gianni e il padre Umberto - toccava quindi a lui riportare agli onori del mondo una delle passioni più calde della famiglia. Ovviamente non sono state tutte rose e fiori, ma il lavoro fatto in questi due anni è stato da un lato impressionante e dall'altro produttivo. Così, dopo una prima stagione vissuta tra alti (pochi) e bassi (tanti, compreso il settimo posto finale), è finalmente arrivato il tempo della raccolta: uno scudetto assolutamente non pronosticabile la scorsa estate, al punto che lo stesso Conte ne ha parlato come di un «evento paragonabile a quello che vide il Verona vincere nel 1985». Qualche tifoso juventino ha vissuto questa frase come una “diminutio”, ma la storia delle ultime due stagioni aveva raccontato che la Juve apparteneva alla nobiltà del calcio solo sulla carta. Invece, tombola. E magari nemmeno una sola, visto che domenica 20 la squadra sfiderà il Napoli in finale di Coppa Italia. E se, come ama dire sempre Conte, «abbiamo preso delle scorciatoie per arrivare dove siamo arrivati», va anche rilevata la capacità societaria di essersi data un assetto nuovo e di avere decisamente voltato pagina sotto tutti i punti di vista.
L'arrivo di Agnelli ha innanzi tutto portato con sé quello di Beppe Marotta nelle vesti di direttore generale e di Fabio Paratici come responsabile dell'area tecnica. Poi, detto della stagione sfortunata vissuta da Del Neri, è arrivato Conte e la rivoluzione ha non solo subito un'accelerata ma si è concretizzata in pieno. Così, dopo che già nell'estate 2010 il via vai dei giocatori era stato a dir poco intenso (avevano salutato Torino Cannavaro, Molinaro, Almiron, Giovinco, Poulsen, Tiago, Diego, Trezeguet, Zebina, Camoranesi; erano arrivati tra gli altri Pepe, Storari, Bonucci, Krasic, Aquilani, Quagliarella, poi Barzagli e Matri a gennaio), quanto vissuto nei mesi di luglio e agosto 2011 ha chiuso il cerchio. Pur senza dimenticare che poi qualche giocatore non ha reso per quello che ci si aspettava (Krasic ed Elia su tutti), il nuovo corso ha funzionato: Pirlo, arrivato a parametro zero, è stata la ciliegina su una torta che aveva tra i propri ingredienti anche Vidal e Vucinic, Estigarribia e Giaccherini. Il tutto, vedendo partire poi giocatori come Melo e Sissoko - seguiti da Amauri e Iaquinta - che non rientravano più nel progetto tecnico ma che continuavano a pesare non poco sulle casse di corso Galileo Ferraris. Così, dopo l'ultima sessione di mercato, la Juventus è anche riuscita nell'impresa di abbassare il proprio monte ingaggi di circa il venti per cento scendendo sotto i cento milioni di euro annui.
È insomma una Juve radicalmente diversa da quella che Agnelli aveva trovato, al punto che Caceres, ripresentatosi a Torino lo scorso gennaio dopo l'esperienza al Siviglia, si è meravigliato di come rispetto «a un paio di stagioni fa, i compagni rimasti sono solo cinque». Ovvero Buffon, Del Piero, Chiellini, Marchisio e De Ceglie: per il resto, tutti volti nuovi, affamati e con ingaggi inferiori a chi li aveva preceduti. In mezzo a tutto ciò, la gestione Agnelli ha anche affrontato il varo del nuovo stadio e l'aumento di capitale resosi necessario dopo il rosso di bilancio - vicino ai centro milioni - accusato alla chiusura dell'esercizio 2011. Adesso, con il tricolore sulle maglie e gli almeno 20-25 milioni garantiti dalla partecipazione alla Champions League, anche la salute economica dell'azienda Juventus migliorerà non di poco. E tra i vari sguardi al futuro che sono già stati gettati, c'è l'accordo triennale con Chrysler e il suo marchio Jeep, sponsor unico da 35 milioni che fa della maglietta bianconera la più pagata d'Italia. Una nuova vita è insomma cominciata e sulla scia di questo successo il marchio, nonostante l'ormai certo addio a Del Piero, tirerà sempre di più.
Chissà mai poi che l'essere tornati a guardare tutti dall'alto in basso non consigli ad Agnelli di ammorbidire la sua posizione nei confronti della Figc la quale, secondo il ricorso presentato dai legali bianconeri al Tar del Lazio lo scorso novembre, dovrebbe risarcire la società di corso Galileo Ferraris dell'astronomica cifra di 443 milioni. Lo scudetto appena vinto sarebbe il miglior modo possibile per chiudere Calciopoli una volta per tutte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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