Il tennis è uno sport maledetto: basta uno smash tirato sui piedi a 50 centimetri dalla rete a vanificare lo sforzo sotto il sole di due ore e più. Quando Jannik Sinner, al quinto match point contro, si spara la pallata addosso invece che mandarla di là, pensi che sia solo sfortuna. Ma dalle sue parole capisci che il tennis è anche uno sport (quasi) perfetto: «È dura perdere così, mi servirà per crescere. Devo continuare a lavorare sodo, devo migliorare molto soprattutto fisicamente: il gioco è a un livello abbastanza alto, ma fisicamente sono indietro, ci sono tanti giocatori molto più forti di me da questo punto di vista. Ci lavorerò con il mio team, ma servirà un po' di tempo. Io non mi metto fretta». Ecco, il tennis è pure uno sport matematico in fondo, e il 4-6, 6-4, 6-4 che porta Dimitrov ai quarti di finale è una formula perfetta: ha vinto chi ha usato più esperienza, ha perso chi ha sbagliato di più ma nella sconfitta troverà una nuova arma. Jannik non va di corsa, e non dobbiamo farlo nemmeno noi: «Ci vorranno mesi, due-tre anni, magari 10 chi può dirlo? Ma forse già tra un paio di settimane mi sentirò meglio in campo. Non è un problema, ho la pazienza di aspettare il momento giusto». Ricordiamocelo, quando un giorno lo troveremo lassù.
Il tennis è uno sport maledetto perché alla fine della settimana vince sempre e solo uno. E magari a Roma sarà come spesso accade uno tra Nadal e Djokovic: di sicuro il serbo che ieri non ha particolarmente brillato contro Kezmanovic non si troverà davanti il fenomeno Musetti, schiantato 6-4, 6-0 da Koepfer in quelle partite che sembrano troppo facili per essere vere. Lorenzo è rimasto senza benzina e con una spalla malconcia, ma nessun problema, anche per lui è solo un arrivederci. Lo si capisce da quello che dice, mentre la borsa col ghiaccio anestetizza il dolore: «Da Roma mi porto via tante notti piene di pensieri e la certezza che devo lavorare ancora molto. Ho visto cosa posso fare, quando spingo col diritto vedo che gli altri fanno fatica. Ma devo fare di più col servizio, devo alzare il livello fisico: insomma, se fosse finita qui non ci sarebbe gusto. Il divertimento comincia adesso». Che spasso ci attende.
Intanto ci resta Matteo Berrettini, vincitore nel derby con Stefano Travaglia, e che racconta quanto sia difficile giocare a tennis da italiani a Roma: «In effetti queste sono le partite più difficili, c'è sempre un po' di emozione che ti frega. Eppoi lui mi aveva sempre battuto nei Challenger: erano altri tempi, ma anche adesso ha dimostrato come sia difficile e completo, che grande lavoro abbia fatto per arrivare a questi livelli».
Per Berrettini essere a questo punto al Foro Italico è comunque già un bel successo, e chissà che si ritrovi poi in una semifinale contro Djokovic, visto che ora sfiderà Ruud in una sfida che non sembra impossibile. Anche se poi si sa che a volte il tennis è quello sport lì.
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