Agnelli alla sbarra

Richiesta di processo per l'ex presidente. Scontro tra Juve e Procura sulle carte sequestrate

Agnelli alla sbarra
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L'inchiesta sulla Juve è chiusa, si va verso il processo. Ma lo scontro frontale tra indagati e magistrati è già in corso, e riguarda - secondo quanto risulta al Giornale - l'intero sterminato materiale informatico sequestrato durante le indagini preliminari, che in larga parte non ha alcuna attinenza all'inchiesta, e che i pm continuano a trattenere, una miniera di informazioni delicate, private e professionali. Alla richiesta di restituire l'eccedenza si sono opposti sia i pm di Torino che di Roma, sostenendo che in quelle carte ci sono anche rapporti con calciatori, agenti, club che possono tornare utili durante i processi. Ma l'8 luglio un giudice romano ha ordinato la restituzione in blocco, trattandosi di materiale relativo alla «sfera personale e privata», alla «esistenza digitale delle persone». Le difese, scrive il giudice, «hanno prodotto esempi concreti di comunicazioni, fotografie, eventi che hanno chiara e ed esclusiva attinenza alla sfera privata», nonchè di documenti «attinenti alle strategie societarie» che se venissero divulgati crerebbero un danno ingiustificato.

I pm intendono fare ricorso. E intanto chiedono di portare a processo una intera stagione della Juventus. Con l'atto firmato ieri dal procuratore aggiunto Giuseppe Cascini e dal pm Lorenzo Del Giudice si chiude l'indagine Prisma, partita a Torino e poi spostata per competenza a Roma, e si chiude in modo pesante: richiesta di rinvio a giudizio per l'ex presidente Andrea Agnelli e altri nove o dieci indagati tra cui una gloria bianconera come Pavel Nedved, vicepresidente del club dal 2015 al 2022, per Fabio Paratici, per Maurizio Arrivabene.

Sono tutti nomi che ormai appartengono al passato della società, rimossi dalle loro cariche per evitare il rischio di commissariamento giudiziario. Ma ciò non toglie che sia la Juve in quanto tale a sedere sul banco degli imputati: anche per la società la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per la legge 231 sulla responsabilità delle società di capitali.

Sono dodici in totale i capi d'accusa che vengono contestati agli imputati: si dalla manipolazione del mercato (pena fino a sei anni), alle false comunicazioni sociali di una società quotata in Borsa (pena fino a otto anni), alla dichiarazione fraudolenta dei redditi attraverso fatture false (anche qui pena massima di otto anni) all'ostacolo alla vigilanza della Consob (fino a quattro anni di carcere).

Già dal dicembre scorso, quando la Procura di Roma aveva annunciato la chiusura delle indagini preliminari, la mossa era data quasi per scontata.

Al centro dell'indagine sono i bilanci dal 2017 al 2021, alterati quasi sistematicamente - secondo i pm - utilizzando plusvalenze fittizie e manovre sugli stipendi altrettanto fasulle.

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