A rischio i record europei Ma Mennea non è in pericolo

Per combattere il doping, la EA propone nuovi criteri Giomi promette: «I miti non saranno mai cancellati»

di Benny Casadei Lucchi

È caduto un Muro e trent'anni dopo vorrebbero aprire una finestra. In mezzo, fra un evento e l'altro, tanta, troppa sporcizia maleodorante di sospetti, allusioni e, talvolta, persino inconfessabili certezze. L'intento è far cambiare l'aria, riordinare, pulire in modo che l'atletica possa di nuovo invitare gente a casa propria senza doversi vergognare. Questo l'obiettivo dietro la proposta di un nuovo metodo di classificazione di tutti i primati omologati approvata l'altroieri a Parigi dalla European Athletics (EA): ovvero, l'invito a tracciare una linea fra i record che furono prima e quelli che saranno poi, aprendo in futuro una finestra temporale in cui omologare i nuovi record europei e, chissà, mondiali, se la Iaaf dovesse recepire la novità proposta. Dopodiché, a finestra chiusa, i primati ottenuti diverranno il nuovo punto di riferimento da cui ripartirà l'atletica.

Solo che, detta così, la raccomandazione elaborata dal gruppo di studio sa anche di passato da archiviare se non cancellare. E la nobiltà d'intenti rischia di finire in secondo piano se il primo messaggio che arriva agli appassionati è che anche le prestazioni lontane di meravigliosi atleti sono a rischio. Soprattutto se uno dei meravigliosi è il nostro indimenticato Pietro Mennea.

Cancellare il suo primato europeo, quel 19''72 che fino al 1996 era stato mondiale? Vaporizzare il record centrato alle Universiadi di Città del Messico del 1979? Apriti cielo. Ovvio che ieri, appena la notizia ha iniziato a circolare, la proposta partorita dal gruppo di lavoro parigino sia stata bollata come indecente. E lo sarebbe se, effettivamente, l'intento fosse quello di cancellare e dimenticare. Ma non lo è. L'obiettivo è far pulizia. È da trent'anni che la sporcizia si accumula, è dalla caduta del Muro, dal dissolvimento sovietico, dall'evaporazione di quel colosso degli sport e della propaganda attraverso lo sport, nota e ricordata come DDR, che a più riprese si è sollevato il problema dei primati da laboratorio, doping, sporcizie varie, chiamateli come volete, ottenuti oltre cortina. Prestazioni che di fatto hanno intossicato di sospetti ogni vittoria e ogni prestazione di quegli anni. Senza contare poi le nefandezze più recenti del doping a tutte le latitudini.

Da qui il tentativo allo studio per mettere ordine. Come? Stabilendo che i record omologati in futuro siano ottenuti in manifestazioni che rispettino determinati standard qualitativi (per esempio nelle attrezzature tecniche usate); che l'atleta sia sottoposto ad un numero concordato di controlli antidoping; che i test possano essere ripetuti nei dieci anni successivi al primato ottenuto.

«Non si sta parlando di archiviare i vecchi record, come ad esempio quello europeo di Pietro Mennea sui 200 metri, ottenuto per quanto ci riguarda nella più totale limpidezza», ha voluto precisare ieri Alfio Giomi, numero uno Fidal e membro EA: «il record di Pietro non sarà mai cancellato, resterà nell'albo d'oro».

Perché i vecchi primati non saranno archiviati ma rimarranno, solo con una dicitura diversa: «Historical record». A distinguerli fra puliti e sporchi ci penseranno gli appassionati. Loro non sbagliano mai.

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