Roger, Pelé, Ali, Eddy e i loro fratelli. Quelli che più grandi non si può

Chi immenso e basta, chi reso immortale dalla tragica fine. Il dibattito resta aperto ma il fenomeno svizzero ha la forza unica di aver messo tutti d'accordo

Roger, Pelé, Ali, Eddy e i loro fratelli. Quelli che più grandi non si può

Anima del campione come somigli all'acqua. Storia del fenomeno come somigli al vento. Per Roger Federer che si ritira dal tennis, dal grande sport professionistico vale una poesia di una poetessa polacca che ha vinto il Nobel: voglio prima che sia ieri, guardare. Voglio prima che sia domani riuscire a capire se sono stato davvero il più grande. Il più amato di certo e visto che chiuderà nella Lever cup si domanderà se il grande australiano che vinse da dilettante e professionista i grandi tornei è stato meglio di lui.

Nello sport che cerca campioni immortali si fa davvero una gran fatica a scegliere. Tutti primi al cuore degli appassionati come diceva un grande inviato alle corse ciclistiche. Federer è stato tutto, campione, artista, uno che anche vincendo tanto lascia dietro soltanto amici e grandi ammiratori. Non è capitato a tutti. Nel calcio fanno ancora a pugni quelli che preferiscono Pelè, ma che ammettono la santità del meraviglioso peccatore Maradona. In ogni giardino le camelie da ammirare sono quelle viste in controluce, magari quando non sono più in vita.

Per questo nella Formula uno degli eroi moderni se dici Fangio, o magari Ascari, si ribella la torcida che ha pianto tanto per Ayrton Senna schiantatosi su una curva di Imola, accompagnato nell'ultimo viaggio anche da noi e dalle sue vedove senza più lacrime. Provate ad entrare in un motoclub per fare il referendum sul migliore. Certo Agostini ha vinto proprio tutto, ma Valentino Rossi ha fatto piegare in curva generazioni di sballati che cercavano il brivido pensando ai suoi successi in pista, anche se la strada di casa era tanto diversa. Nel ciclismo che sta affezionandosi a nuove generazioni di campioni credevamo di essere nel giusto pensando, come italiani, a Coppi o Bartali, ma poi ci hanno svegliato ricordandoci il cannibale delle Fiandre, il divino Eduard Luois Joseph, detto Eddy Merckx.

Figurarsi se nell'atletica non si metteranno a litigare, magari ammettendo che Usain Bolt il giamaicano che ha ridisegnato le curve ardite della grande velocità in pista ha fatto la storia, ma non poliedrico, però, come Carl Lewis che nella collana olimpica dorata ha messo pure bei salti in lungo, ma, poi, ecco uscire lo storico: cara gente Jesse Owens, il fenomeno dell'Alabama che in un giorno ha battuto o eguagliato 4 record mondiali ad Ann Harbor e poi alle Olimpiadi di Berlino nel 1936 divenne il simbolo di una rivolta mondiale che, purtroppo, a casa sua dura forse ancora, visto che al ritorno dai Giochi, dove fece andar via Hitler dalla tribuna, vincendo i 100, il lungo e la 4x100, nel pranzo di gala in suo onore lo fecero entrare dalla porta di servizio, come dovevano fare gli afroamericani.

Nello sci ancora oggi si fa slalom fra Stenmark e Gustavo Thoeni, ma in Italia è Zeno Colò il mago delle discese ardite anche se gli austriaci pretendono il titolo per i loro discesisti.

Se ci chiedete il più grande del basket mondiale, nell'anno in cui tutti ci siamo inginocchiati per Bull Russel, storia mitica dei Boston Celtics, ecco la rivolta dei tifosi di Karim Abdul Jabbar dei Lakers, conosciuto come Lew Alcindor al Power Memorial e poi nella mitica UCLA. E figurarsi se nella boxe non farebbero a pugni per scegliere il campione di sempre. I grandi colpitori, i grandi artisti in mezzo al ring, ma, per tutti, non è mai esistito nessuno come Muhammad Ali, diventato campione olimpico a Roma come Cassius Clay, passando in mezzo a tempeste, prima di scoprire che una farfalla capace di pungere come un'ape avrebbe potuto abbattere colossi come Foreman.

Caro Federer per celebrare la tua passeggiata storica verso l'immortalità, il tennis ti deve tanto, forse tutto, stile, armonia, potenza quando serviva, siamo stati felici di andare a cercare nella memoria ormai debole i personaggi che ci hanno dato le stesse emozioni quando un giorno al Palalido di Milano, tormentati dalla genialità di Gianni Clerici, abbiamo dovuto ammettere che su quel legno

duro avevamo visto nascere una stella dello sport mondiale. Se ne va un campione che tutti vorrebbero poter imitare, stupendo quando vinceva, straordinario anche quando non riusciva a farlo. Lo sport come dovrebbe essere.

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