Sempre uguale a se stesso ma il mondo è cambiato

Difesa fragile e giocatori spesso schierati fuori ruolo. E c’è chi rimpiange Montella

Sempre uguale a se stesso ma il mondo è cambiato

Delle due l’una: o Zdenek Zeman non riesce a farsi capire all’interno dello spogliato­io oppure ci sono giocatori che non ci azzeccano nulla con le sue idee. Probabilmente la ragione sta a metà e chiama in causa le scelte societarie su un rinnovamento tanto coraggiosoquantoimprobabile. Ieri pome­riggio Rosella Sensi, presidente della Roma dal 2008 al 2011, ha bocciato il progetto: «Avrei affidato la squadra a Montella e non avrei preso tanti giovani ». Già Montella. È il tarlo che rode l’ambiente romanista e che molti oggi vorrebbero al posto del boemo. Questione di età, di idee, di pragmatismo. Zeman sembra rimasto indietro di 15 anni, come se in questo lungo periodo il calcio fosse rimasto uguale a se stesso e non si fosse confrontato con nuovi scenari. “ Le mie concezioni non sono superate, solo che non vengono applicate”, afferma. Ci deve essere però qualcosa di perverso nella sua filosofia se la Roma, dopo quasi tre mesi di apprendistato, s’è fatta prendere a sculacciate dalla Juventus che di gol ne poteva realizzare il doppio di quelli messi a segno. Troppo facile ammettere: «Non ho visto nulla di quanto pro­viamo in allenamento, le mie squadre non giocano così». E pronosticare un riscatto a breve termine. Il campionato è già alla sesta. E certi errori potevano essere giustificati solo a ferragosto.
 

La pazienza del popolo giallorosso, che pure aveva accolto in pompa magna il suo ritorno, è giunta al li­mite. Della squadra vittoriosa a San Siro sull’Inter,arroccata in difesa e letale in contropiede, si sono perse le tracce. Neanche quella era la Roma di Zeman, ma almeno funzionava con gli uomini al posto giusto e Totti a dirigere l’orchestra con maestria. Uno squarcio di luce in un buio galattico. Da allora non c’è niente che funzioni. La difesa somiglia a una barchetta in balia d’un mare perverso, ma cosa dire del centrocampo che appare sempre in inferiorità numerica? O degli attaccanti che vagano a vuoto e non dettano mai un passaggio? Zeman insegna calcio benissimo, lo testimoniano fra gli altri i giovani Insigne e Immobile, ma a Roma sta fallendo. Inutile girarci attorno. Al di là dei risultati, poca cosa, manca quel gioco che è sempre stato insito nel dna di Zeman. Con il Pescare ha funzionato, ma è enorme la differenza che passa fra la B e la A.

 E poi, e poi. Per quale motivo il boemo schiera fuori ruolo De Rossi,il suo uomo migliore,fra l’altro il più pagato con Totti? Al fianco di Tachtsidis, avessi detto, invece che davanti alla difesa. Tanto valeva cederlo per farecassa. Aquestecondizioniilcentrocampistamollerà la presa, specialmente dopo le dichiarazioni che hanno fatto seguito alla scoppola di Torino: «A Roma sto da re. Non ho mai chiesto di essere ceduto. Ma non ho mai detto che sarei rimasto a vita». Ancora più crudo il suo commento sulla partita di sabato: «Potevamo affrontarla diversamente». Come a dire: «Caro Zeman, se non cambiamo registro, non andiamo da nessuna parte, neanche in Europa League. E il boemo, dalle prime indiscrezioni pare disposto a rivedere certe sue posizioni. Un atto di umiltà non guasta dopo tanto dogmatismo.

Era convinto,Zdenek,di fare breccia sui giovani, di convertirli al suo credo in un amen. Ma l’equazione è tornata indietro al mittente.E non basta paragonarsi a Napolitano, a Monti o al Papa per dimostrarsi infallibile. Zeman è una fede. Ma gli atei, calcisticamente parlando, sono in aumento.

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