Lo sfogo di Iaquinta: ''Sono vittima della giustizia italiana...''

L'ex campione del mondo in un videomessaggio sui social: ''Difenderò sempre l'innocenza di mio padre...''

Lo sfogo di Iaquinta: ''Sono vittima della giustizia italiana...''

"Fino a qualche anno fa ero un campione del mondo. Oggi con mio padre Giuseppe sono vittima della giustizia italiana....'' inizia così il video messaggio di Vincenzo Iaquinta, l'ex attaccante della Juventus, a cui sono stati confermati in appello i due anni di condanna per detenzione illegale di armi nel processo Aemilia.

Un duro sfogo affidato alle sue pagine social. Iaquinta non ci sta e urla forte la sua innocenza, cinque giorni dopo la conferma della condanna per detenzione illegale di armi nel caso Aemilia, il maxi processo contro la 'ndrangheta, che nel 2015 portò all’arresto di 240 persone e all’intervento di 200 militari fra Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia. L'ex attaccante della Nazionale e della Juventus ha scelto un messaggio su Instagram per far sentire la sua voce. Sullo sfondo del video veste la maglia dell'Udinese ed è assieme al padre Giuseppe, imprenditore edile cutrese con base nel Reggiano, nei cui confronti i giudici dello stesso processo hanno deciso 13 anni di condanna (sei in meno rispetto al primo grado ndr) confermando l'associazione mafiosa.

"Fino a qualche anno fa ero un campione del mondo. Oggi con mio padre Giuseppe sono vittima della giustizia italiana. Nella mia vita non avrei mai pensato di dovermi difendere da un'accusa tanto infamante..." inizia così il video messaggio dell'ex campione del mondo. Una ferita ancora aperta, che porta con sè tutto il suo dolore: "Non mi arrendo alla sentenza, sono responsabile moralmente di difendere l'onestà di mio padre. Non mi sono mai sentito tanto solo e scoraggiato nella mia vita come in questo momento. Mi sento deluso perché per la seconda volta mio padre è stato condannato da uomini che non hanno giudicato in base alla realtà dei fatti. Una volta si può sbagliare, due inizia a diventare accanimento giudiziario. Una vita di una persona non può essere distrutta senza aver commesso quello di cui viene accusato".

E nonostante tutto promette battaglia con la stessa grinta di quando scendeva in campo: "Non posso esimermi ad urlare l'innocenza di mio padre. Lo devo a lui che in questo momento è impotente, incredulo, sfiancato. Lo devo alla memoria di mia madre che si è lasciata morire dal dolore. Lo devo ai miei figli. Oggi sono un uomo stanco, le mie gambe non corrono più. La mia testa corre più veloce cercando una soluzione. Non cerco pietà, un miracolo o la compiacenza di nessuno.

Voglio solo giustizia, verità. Mio padre è in carcere per errore e finché non si ammetterà la verità, la mia voce non smetterà di urlare la sua innocenza. Da ora io sono Giuseppe Iaquinta, condannato da innocente".

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