È una Signora d'Europa più di Bayern e Real. Nel segno degli Agnelli

Il Rosenborg è lontano, ma nel calcio che conta è un'impresa. Col marchio di famiglia

È una Signora d'Europa più di Bayern e Real. Nel segno degli Agnelli

Altri otto scudetti, da qui al Duemilaventicinque, senza una sola pausa. Allora la Juventus sarà leggenda universale, planetaria. Sto dando i numeri? Forse. Ma che pensate allora della squadra di Trondheim, il Rosenborg, che ne ha infilati 13, ripeto in lettere tredici, partendo dal 1992 e fermandosi nel 2004? Sarà perché la squadra norvegese, che prende il nome dal sobborgo di Trondheim, veste pure lei di bianconero? Oltre i numeri c'è davvero il fatto epocale, perché una cosa è il calcio di Norvegia, un altro il football pesante, dei grandi club, dunque la Juventus stacca il resto della comitiva vip, come Real Madrid, Porto e Bayern di Monaco ferme, si fa per dire, a 5 scudetti consecutivi ma resta staccata dal Celtic di Glasgow, un club storico per essere stata la prima società britannica a ottenere un titolo europeo con la conquista della coppa dei Campioni a Lisbona sull'Inter, evento che verrà celebrato con una nuova maglia, analoga a quella di cinquant'anni fa ma con un logo in oro. Nove scudetti per il Celtic dal '65 al '74 e altrettanti per i rivali di sempre, i protestanti dei Rangers, dall'89 al '97.

I sei titoli messi in fila dalla Juventus la rendono diversa e uguale alla vecchia Juventus. Quella pragmatica, odiosa e odiata, poco appariscente. La Juventus 6 punto zero è il risultato di un lavoro preciso, tipicamente torinese, senza annunci e proclami, costruito in un ambiente mediatico più accomodante di quello romano, milanese o napoletano. Le stesse vicende di cronaca nera non hanno sfiorato lo spogliatoio o cambiato le strategie del club. Segnale di continuità, appunto, come i titoli ottenuti, questi tutti sul campo, per tornare a un frasario molto di moda. Il grande merito della Juventus è che la conquista di questi sei scudetti consecutivi arriva dopo i tormenti e la vergogna del Duemilasei, undici anni riscattati (non certo cancellati nella memoria) dagli ultimi sei, con due allenatori che hanno cambiato la cronaca e la storia, Antonio Conte e Massimiliano Allegri, prima la scossa elettrica poi la continuità nella saldezza, un gruppo sempre più consapevole della proprie potenzialità, ricominciando sempre da capo, partita per partita, campionato per campionato, mai vivendo di rendita ma di tradizione, una dote caratteristica dei grandi club con una eccezione che riguarda soltanto la Juventus: la proprietà è rimasta sempre la stessa, la famiglia Agnelli, con qualche variazione folkloristica sul tema (Montezemolo e Blanc) non ha mai abbandonato la squadra e la passione, quasi una garanzia aziendale per qualunque dipendente, dopo riforme e rivoluzioni interne, anche se qualche avvelenatore di pozzi non aiuta la ditta.

Sei scudetti non sono soltanto un dato da collezione, da almanacco dei record ma il risultato di un progetto, di un disegno societario, tecnico, finanziario. Difficile ripetersi, soprattutto in Italia. Lo ha fatto la Juventus e non è detto che abbia intenzione di concedersi vacanze. A Torino nessuno lo immagina e nessuno osa nemmeno pensarlo.

Breve festicciola in famiglia, ci sono immediati altri impegni, la finale di coppa Italia, poi la Champions. Si continua, anzi, si ricomincia, dunque, come in una catena di montaggio. Non con i robot. Ma con gli uomini che credono in questa squadra, in questo club, in questa storia.

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