Mario e Nini, Pippo e Simone. Fratelli di football e d'Italia, calciatori prima, scudetti, coppe, record; allenatori dopo, senza la stessa grandiosa luce che li ha accompagnati nel gioco. Qui si scrive dei due Varglien, Mario e Giovanni, detto Nini, fiumani possenti di fisico, oltre il metro e ottantatré che per l'epoca era da esibizione al luna park, e vincenti in campo: con la Juventus dell'epoca d'oro, cinque scudetti consecutivi a testa, una milizia lunga diciotto anni prima di provare la carriera di allenatore, addirittura Mario fu il responsabile tecnico della Turchia.
Che c'entra questo con Pippo e Simone che sarebbero poi gli Inzaghi? C'entra perché i due Varglien furono appunto allenatori e si ritrovarono uno di fronte all'altro quando, tra il Quarantanove e il Cinquanta, guidavano l'Atalanta e il Como, la cosa non seppe ripetersi quando passarono alla Roma e al Novara perché Varglien I venne esonerato dalla squadra giallorossa prima della sfida contro il fratello.
Oggi Simone Inzaghi sale sulla giostra, ci prova, la stessa avventura di Pippo, una storia, quella del milanista, che si è interrotta ancor prima di incominciare. Ma l'origine è la stessa, il settore giovanile, quindi il salto precoce ma in soccorso della prima squadra, sognando di ripetere i risultati ottenuti da calciatore, stavolta, senza poter mettere piede e testa in area di rigore.
Inzaghi ha significato gol ma anche tormento, frenesia e vittorie sofferte e sontuose, Pippo ha pagato caro l'inesperienza e il cinismo di un football e di un club, il Milan, che non può aspettare e che ha sperato di trovare la pepita nell'uovo di casa. Dopo la delusione Pippo è uscito di scena e mai ha voluto riscattarsi o vendicarsi con interviste pesanti, ruggini e rancori, così si è messo ai margini, il club ha onorato l'impegno contabile ma ormai Pippo allenatore rossonero è coriandolo bagnato, la festa è finita ma al Milan non stanno meglio di lui.
Simone, invece, ha vissuto all'ombra del fratello da sempre e per sempre, giocandogli a fianco in nazionale una volta sola, grazie a Dino Zoff allenatore, quindi fine della coppia di fatto, mentre l'altro viaggiava a mille tra gol, titoli nostrani ed euromondiali, lui si è limitato a circolare tra Roma e Genova e Bergamo, concludendo la carriera alla Lazio per occuparsi dei giovani virgulti mentre transitavano davanti alla sua dimora figure varie e variopinte, dall'improbabile Petkovic al malinconico Pioli.
Adesso è arrivato il momento, fratelli divisi, uno in cassa integrazione privilegiata, con tutti gli agi e comfort, l'altro in mischia, magari con qualche consiglio di famiglia.
Varglien e Inzaghi, un unico evento, due allenatori fratelli nella stessa serie, non trovo altri casi analoghi. Resta la curiosità che rende allegra la famiglia e il loro procuratore: Tullio Tinti ha preso Pippo e Simone nella culla e li ha seguiti fino alle scuole superiori.
Se i Varglien vinsero 10 scudetti in due, e Mario fece parte, come riserva, della squadra azzurra campione del mondo nel '34, gli Inzaghi esibiscono
soltanto 4 scudetti ma poi 2 coppe dei campioni, 4 supercoppe e 2 titoli mondiali, uno per club e l'altro con la nazionale e Berlino. Il calcio non finisce mai le proprie storie, da padre in figlio e da un fratello all'altro.
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