Può la ragion di tennis battere la ragion di Stato? È un po' come la questione dell'uovo e la gallina, e da ieri tutti sentono di aver diritto a una risposta. Ma l'unico che potrebbe darla - ovvero Jannik Sinner - per ora si è giustificato con un impedimento medico. Mettiamola così, con un minimo sorriso. Però di certo chi attacca senza mezzi termini il nostro più grande campione delle racchette (e oltre), dovrebbe anche conoscere i sacrifici che un ragazzo della sua età fa per stare al livello che ha raggiunto. Insomma: niente visita al Quirinale per il vincitore degli Australian Open. Al cospetto del Presidente Sergio Mattarella ci andranno tutti i ragazzi delle squadre maschili e femminili per celebrare i grandi successi del 2024, quelli Coppa Davis e Billie Jean King inclusi. Il convitato di pietra avrà i capelli rossi.
«I medici hanno consigliato riposo assoluto», e questo vale anche per la visita del Numero Uno al Numero Uno della nazione. Certo: stona (Bertolucci, per esempio, dice «io ci sarei andato»), ma le due settimane di Melbourne ci hanno insegnato che l'equilibrio del re del tennis mondiale è molto più precario di quanto si pensi. E d'altronde Jannik, prima di ripartire per l'Italia, aveva risposto un «non lo so, devo decidere» alla domanda sulla sua presenza alla cerimonia di oggi, ed ha poi resistito alle sollecitazioni di ieri che davano per sicuro che avesse cambiato idea. E invece ecco la news, che ovviamente diventa il fatto (sportivo) del giorno, e che alimenta le chiacchiere in un momento in cui Sinner vorrebbe essere lasciato in pace a casa sua, a Sesto Pusteria. Anche se, naturalmente, ormai dovrebbe prevedere che ogni sua decisione provoca una reazione globale.
Insomma: sgarbo o necessità? Chi conosce in fondo le vicende del tennis, sa quale sia il dispendio di energie fisiche e nervose che si sprecano per conquistare uno Slam. Jannik non fa eccezione, ed anche se vuol far vedere di essere di ghiaccio il suo fisico non è certo uno del tipo che passa indenne da uno sforzo così. In pratica è un gigante di cristallo, e il suo team lo sa. Lo sa anche lui, che alla fine del match contro Zverev aveva preannunciato il periodo di black out: «Conosco il mio corpo, e so anche che io non ho mezze misure: quando tornerò ad allenarmi lo farò al 100%. Per questo devo staccare completamente». Anche davanti a un invito che non si può rifiutare.
Esiste dunque una ragione di tennis che può diventare ragion di Stato, e a chi oppone il solito ritornello del «non si sente italiano», va ricordato che Jannik dopo aver vinto UsOpen e Atp Finals ha raccolto le ultime energie per guidare la squadra azzurra a rivincere la Davis. Così come ha ringraziato l'Italia per il tifo ricevuto in questi giorni rispondendo «gioco per voi e per il nostro Paese». Sì è vero, è nato in Alto Adige (e allora?) e abita a Monte Carlo, ma nessuno può e deve dubitare del suo cuore tricolore. Poi è un ragazzo di 23 anni, e spesso ce lo dimentichiamo. Può sbagliare come tutti i ragazzi della sua età, ma deve anche rispondere a un programma di lavoro preciso al millimetro per dominare le fatiche, anche mentali (leggasi caso Clostebol), se poi vogliamo scendere in piazza per sventolare il bandierone.
E allora: probabilmente è nato prima l'uovo della gallina (dicono gli scienziati), ma quella di Jannik non è una frittata. Ci sono modi gentili per evitare di essere politicamente corretti e opportunisti, magari la scusa dei medici non è il migliore, eppure dobbiamo fidarci di Jannik e della sua sensibilità che stiamo celebrando da giorni.
Per questo, nonostante tutto, il Presidente Mattarella da buon nonno della Patria lo avrà sicuramente perdonato, anche perché un anno fa gli disse con ammirazione «èp giusto che non si faccia né a lei, né agli altri atleti, alcuna pressione» (ed infatti dal quirinale non trapela irritazione)». Per cui, se per caso aveste il dubbio, fatelo anche voi.
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