Se Andrea Della Valle custodisce nel telefonino l'immagine del tabellone di San Siro con il risultato della goleada viola sull'Inter, Urbano Cairo ha addirittura fotografato la classifica che vede il suo Torino a due passi dalla vetta. In calce al "new deal" della Serie A le firme di Sousa e Ventura, i due allenatori, e di chi l'ha voluti.
A Firenze il popolo del web ha scomodato perfino il David di Donatello in edizione profana con la mano destra che ha lasciato da qualche parte la spada per ricordare i 4 gol di Milano. Bisogna risalire al 14 febbraio 1999 per trovare la Fiorentina prima in classifica con il Trap in panchina. Questa volta c'è il 45enne Paulo Sousa a dirigere le operazioni. Il suo approdo nella città dei Medici aveva sollevato molte rimostranze per via delle due stagioni trascorse nella Juventus. La solita vecchia storia. L'accoglienza sarebbe stata diversa se i tifosi si fossero ricordati che l'anno successivo il portoghese, passato al Borussia Dortmund, aveva strappato la Champions League proprio alla Signora. Quanto meno pari e patta. Adesso che ha guidato la Viola al sacco del Meazza, è candidato alla poltrona di sindaco. Eppure qualche sua scelta aveva destato perplessità, specie dopo la sudata vittoria sul Carpi a Modena e la sconfitta in casa con il Basilea in Europa League. Sotto accusa il suo modo di far giocare alcuni uomini fuori ruolo: Alonso centrale, Roncaglia terzino destro, Bernardeschi accanto al guardalinee, Borça Valero quasi di punta. Poi s'è ravveduto. Lo spogliatoio ha cominciato a metabolizzare le sue idee. E la Fiorentina ha spazzato via prima il piccolo Bologna e poi l'Inter a punteggio pieno, fra l'altro con un solo gol al passivo.
Pronti via, e al 23' la pratica con i nerazzurri era risolta grazie in particolare a Kalinic, croato di 27 anni, pagato 5 milioni e mezzo, un sesto di Bacca, fortissimamente voluto dal tecnico. Straordinario lui, già emulo di Batistuta, da incorniciare le prove di Borça Valero, Ilicic, Vecino, Alonso, Rodriguez. Una sinfonia, figlia d'uno spartito desueto in Italia, fatto di accelerazioni pazzesche, possesso palla a oltranza, pressing altissimo e copertura mirabile del campo. Per molti versi questa Fiorentina ha ricordato il Milan di Sacchi con la differenza che i viola attaccano con un modulo e difendono con un altro. L'Inter, mal disposta da Mancini con la difesa a 3, inesistente sulle fasce, non ci ha capito nulla. È la filosofia di Sousa: «A me piace far crescere le persone. E non mi stanco di ricordare quanto è bello giocare al calcio. Io che ho avuto la fortuna di fare il più bel mestiere del mondo, non lo dimentico mai». E ancora: «Al di là delle tattiche, quel che conta è la velocità di pensiero, l'intensità di attaccare ogni zona del campo». All'Inter non sarebbe servita neanche la bombola a ossigeno. Lui che ha vinto gli ultimi due campionati in Israele e Svizzera, sogna il tris. Una utopia, chissà...
Da un filosofo a un papà, il passo non è poi così lungo. Il «papà» è Giampiero Ventura, al quinto anno sulla panchina granata, all'insegna d'una continuità irreale in Italia. Il suo Torino piace per tanti motivi, innanzi tutto per il gioco e i risultati, ma anche per la presenza di tanti italiani (ben 9 nella formazione iniziale dell'altro giorno contro il solo Astori della Fiorentina) e di tanti giovani: dai 24 anni di Jansson, Obi e Maksimovic, ai 23 di Baselli, Zappacosta e Acquah, i 22 di Belotti e Martinez, i 21 di Benassi. Dietro l'angolo s'affacciano il 19enne Mantovani e il 18enne Morello, entrambi difensori. Insomma una squadra destinata a durare e migliorare nel tempo. Oggi siamo solo al prologo.
E lui Ventura a esaltare le caratteristiche di tutti i suoi ragazzi alla faccia dei moduli. Se non ci credete, chiedete notizie a Immobile, Cerci, Darmian, D'Ambrosio. Cairo dovrebbe fare un monumento a questo signore di 67 anni, maestro di vita, non solo di pallone.
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