C'è chi chiede tempo e chi di tempo, invece, non ne ha. Due anime che convivono nella stessa squadra, l'Inter, ma con due interpreti agli antipodi: Spalletti da una parte e Marotta dall'altra. Chissà se il pranzo assieme di ieri non abbia rasserenato gli animi, di certo è servito per fare il punto dopo l'eliminazione in Coppa Italia, arrivata in seguito all'uscita dalla Champions e ad un terzo posto in campionato che, per ora, non sembra procurare campanelli d'allarme. Per ora...
Luciano da Certaldo vorrebbe pensare solo al campo ma sa benissimo che è inevitabile parlare anche di altro. Perché l'ingombrante fantasma di Conte incombe minaccioso sulla sua testa: «Io capisco che se c'è una notizia bisogna darla - ammette - ma va bene una volta, poi basta. Se uno invece continua forse è perché gli fa comodo, vuole giocarci su. Faccio questo mestiere da troppi anni per meravigliarmi quando sento parlare di altri allenatori».
Fa quel che può, Spalletti, nel mezzo del fuoco incrociato (e qualche volta anche amico) in cui vive oggi la sua Inter. Perché Zhang si aspettava di più da lui in termini di risultati; ed è lecito ipotizzare un possibile cambio in panchina a fine stagione: «Ma io a inizio anno non chiedevo nulla - precisa ancora uno Spalletti più nervoso del solito - la società mi ha proposto tre anni di contratto e quando si fa un accordo con questa tempistica è segno che c'è la consapevolezza del bisogno di più anni per lavorare. Noi oggi siamo nella condizione di arrivare nelle prime quattro, dire che è tutto da rifare è sbagliato». Anche se sa benissimo di trovarsi sotto giudizio: «Per me Conte può andare in giro dove gli pare e Marotta è giusto che vada a cercare le soluzioni migliori per il bene dell'Inter - le sue parole - se qualcuno vuole far credere che ha incontrato Conte nella sede dell'Inter non fa altro che offenderlo, perché così si comportano i dilettanti non i professionisti come lui. Sono tutte cose inventate». La conclusione è poi su Perisic, altra spina nella rosa Inter: «Quello che è successo è ormai cosa passata. Se mi fa vedere quello che mi aspetto da lui lo faccio giocare già domani (oggi, nda)». Pausa; poi riprende: «Io dicevo che Ivan non avrebbe dovuto esternare la sua volontà e invece qualcuno ha voluto capire che il mio messaggio fosse per Marotta, che invece ha dovuto lavorare per mediare. Ora c'è bisogno che Perisic pedali forte». Ma chi gravita su Milano sa che pedalare, di questi periodi, è terminologia molto delicata: perché l'ultimo al quale è stato spedito un messaggio del genere ora si trova a Londra, sponda Chelsea.
Uno che non aveva tempo, proprio come i tifosi interisti: «Cominciano ad avere fretta perché sono molti anni che non si vince, ma non posso addossare a me la responsabilità di tanti anni di mancate vittorie» ha concluso Spalletti. Per il quale, invece, il tempo sembra in via di esaurimento.
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