Una guerra aperta sul futuro del calcio europeo. Che non è roba da romantici o da meritocrazie, ma che punta a salvaguardare l'aristocrazia del football. Da un lato c'è l'Uefa che oggi vorrebbe lanciare la nuova formula della Champions League a 36 squadre dal 2024; dall'altro ci sono 12 club «indipendentisti» che puntano invece a una SuperLega composta da una ventina di squadre dal 2022. Un'operazione quest'ultima che svilirebbe anche i tornei nazionali, oscurando molte società dei Top campionati del nostro continente. La questione principale sono sempre i soldi, con i club alle prese con una difficile situazione finanziaria legata anche alla crisi da Covid. E il piano rivoluzionario temuto da Nyon è riemerso negli ultimi giorni, complice lo strappo tra i club e l'Uefa per la commercializzazione dei diritti tv della nuova Coppa dalle grandi orecchie allargata.
Così è stata una domenica movimentata. Il possibile annuncio della SuperLega da parte dei 12 club «ribelli» (tra cui le italiane Juventus, Inter e Milan) e il comunicato duro di Uefa, Federazioni e Leghe interessate con la minaccia di esclusioni dai campionati e delle mancate convocazioni dei propri calciatori nelle rispettive nazionali. Nel mezzo della querelle c'è l'Eca (l'associazione che raduna 246 club europei) e in particolare il suo presidente Andrea Agnelli. Che in questo ruolo ha trattato la nuova Champions, ma che in parallelo da numero uno della Juventus ha sposato il progetto della SuperLega. Nato da un'idea del patron del Real Madrid Florentino Perez e dei tre proprietari americani di Liverpool, Arsenal e United: una sorta di Nba americana del calcio europeo d'élite, finanziata - secondo quanto scrive il Daily Mail - dal gigante bancario Usa J.P. Morgan. Pronto a versare 4,6 miliardi di sterline.
L'Uefa, che parla di «progetto cinico», minaccia addirittura un'azione legale da 50-60 miliardi di euro, l'Eca (ieri riunione d'urgenza senza Agnelli) è fortemente contraria ed è dalla parte del massimo organismo europeo di Nyon. Fatta eccezione per i club «ribelli» che potrebbero lasciare l'associazione, in primis Agnelli. Di sicuro è stata una domenica di fibrillazione anche nei paesi interessati. Il primo ministro inglese Boris Johnson ha parlato di «progetto dannoso per il gioco e i tifosi», quello francese Macron di «progetto sbagliato», la Premier League ha condannato le proposte che «attaccano i principi della competizione aperta e del merito sportivo», il presidente della Liga Tebas ha definito i ribelli «guru egoisti e senza solidarietà».
Infine la Lega di serie A - dove la vicenda si intreccia a doppio filo con la questione fondi - ha tenuto una riunione straordinaria con un furioso presidente Dal Pino, nel mirino di sette società che vogliono le sue dimissioni, con i club «ribelli» decisi ad andare fino in fondo, anche a farsi cacciare dal campionato. «L'idea della Superlega per i più ricchi club europei di calcio è sbagliata e intempestiva», la presa di posizione del segretario Pd Letta.
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