Zero vittorie. Lontana una vita dalle Mercedes in vetta. Ormai raggiunta e superata dalle Red Bull. Vista da fuori, la Ferrari sembra una nave alla deriva. Peggio. Sembra un Titanic che sta affondando. Non è così da ieri, giorno del preoccupante divorzio a stagione in corso tra la Rossa e il direttore tecnico Allison. È così da tempo. Semmai, da ieri, se non altro, i violinisti sul Titanic hanno smesso di suonare mentre si va a picco. La melodia stava diventando stonata.
Meglio così. Consapevolezza del casino grande in cui si naviga, consapevolezza che si affonda, che le scialuppe non bastano, per cui bisogna correre ai ripari, bisogna restare a bordo e remare remare remare fino a che non si arriverà in porto. E il porto non può che essere una macchina al pari delle Mercedes. Nel frattempo, basta con la musica, basta violini, basta frasi tipo «dobbiamo vincere da subito a Melbourne» Marchionne dixit, tipo «possibilmente dovremmo vincerle tutte» Marchionne dixit, tipo «classifica corta e mondiale che resta aperto...» non solo Marchionne dixit.
Basta con tutto questo. Ora solo maniche rimboccate e stop agli equivoci. Sta proprio in questo la chiave di lettura che puó permettere di guardare a questa situazione, alla notizia di ieri, non solo come a casino che si sovrappone a casino, bensì al tentativo di arrivare in porto. In qualche modo. In molti stanno infatti storcendo il naso pensando al sostituto scelto da Marchionne per rimpiazzare Allison: Mattia Binotto, ingegnere 46enne cresciuto in Ferrari, una vita da motorista, poi capo motori corse, poi direttore del reparto propulsori. Che ci azzecca il motorista con il ruolo di direttore tecnico? Apparentemente poco. Ma il presidente vede in Binotto l'unico che sia stato capace di portare a termine la missione affidatagli: doveva annullare il divario tra i motori Ferrari e quelli Mercedes e ci è riuscito gestendo al meglio gli uomini del reparto. Quel meglio, nel condurre l'intero reparto, in cui ha mancato Allison. Perché, sì, il tecnico inglese lascia consensualmente anche e soprattutto per la necessità di tornare Oltre Manica e stare con i figli dopo la tragedia familiare che l'ha colpito in marzo mentre era a Melbourne per il primo Gp stagionale (l'improvvisa morte della moglie). Ma è vero anche che la prima macchina che porta interamente la sua firma, è una macchina sbagliata. Da qui la necessitá di far lavorare meglio i progettisti del reparto per mettere le pezze all'oggi e pianificare bene il domani (nel 2017 cambiano le regole), da qui dunque la scommessa Binotto.
Nelle segrete e ora incasinate stanze maranelliane si sussurra, talvolta si giura, che in queste settimane nessun tecnico esterno sia stato contattato. Non il James Key della Toro Rosso, non il geniale Aldo Costa che la Ferrari aveva e però mandò malamente via direzione Mercedes e avete visto che razza di monoposto sa fare l'ingegnere italiano. Di più. Per avvalorare questa tesi, c'è chi parla di un Marchionne che in queste settimane, piuttosto di cercare un mega tecnico fuori, sarebbe stato disposto a disegnare di persona la monoposto.
Questo per sottolineare quanto sia convinta la scelta fatta su Binotto e animata da un ritrovato amore per l'italianità degli uomini di rosso vestiti (in attesa che uguale attrazione riguardi i piloti).Una sola avvertenza: anche il Milan di Berlusconi ha in tempi recenti parlato di italianità in seno alla squadra. E non è che oggi se la passi benissimo.
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