L'acqua pesa. Tania lo sa. Più o meno lo sanno tutti questi ragazzi e queste ragazze incredibili che passano gli anni migliori della loro vita a farci a pugni stando immersi dentro una vasca. Solo che i nuotatori la spostano, l'acqua. Tania è invece costretta a prenderla di testa. «Un milione di volte», ha raccontato lei. Conto approssimativo, naturalmente.
Ieri è stata l'ultima volta, trampolino da 1 metro. Vittoria.
Ha scelto Torino, i campionati assoluti, perché è la città di papà Giorgio, perché «tutte le volte la città mi accoglie come fosse un mondiale», perché la sindaco «è un ex tuffatrice e se ci fosse stata la Appendino al posto della Raggi oggi Roma sarebbe in corsa per le olimpiadi». E perché a Rio, in agosto, l'acqua era verde. Come si può lasciare per sempre le competizioni tuffandosi in una pozza verde? Colore nobile e bellissimo, però fra prati e foreste. Non dentro una vasca, dove invece fa molto autunno e piscina dimenticata. E Tania è, sì, arrivata all'autunno delle sue gare, però Tania non si può dimenticare.
L'acqua, indipendentemente dal colore, racconta storie e la sua è meravigliosa e commovente al tempo stesso. Per il modo in cui ha saputo essere vincente comunque e sempre nonostante infortuni e delusioni; e per il terribile ma che l'ha accompagnata lungo tutta la sua carriera. Un ma che a chi non vive di sport può sembrare un dettaglio e invece non lo è mai: il ma non hai vinto la medaglia alle olimpiadi; il ma tuo papà Giorgio sì; il ma che ingiustizia a Londra 2012 quei due quarti posti figli delle bizze del destino e dei giudici.
Perché Tania, che domani compirà 32 anni, fino a pochi mesi fa aveva vinto tutto ma non la medaglia olimpica. Ventinove podi agli Europei, venti tinti d'oro, cinque d'argento, quattro di bronzo, la migliore di sempre nel continente; dieci podi ai Mondiali, uno d'oro, a Kazan, nel 2015, trampolino da un metro, tre d'argento e sei di bronzo. Prima azzurra iridata nei tuffi dopo Klaus Dibiasi e prima molte altre cose. Eppure, onnipresente, sempre quel ma olimpico.
Tania l'ha cancellato l'agosto scorso a Rio, prendendo di testa l'acqua verde della sua quinta olimpiade. E in questo numero sta la sua meravigliosa e commovente avventura: perché cinque edizioni significano sedici anni spesi a caccia di medaglie volando e precipitando dentro l'acqua. In Brasile ne ha afferrate addirittura due: la prima d'argento, trampolino sincro 3 metri, in coppia con l'inseparabile Francesca Dallapé «che a volte sembriamo persino marito e moglie...»; la seconda da sola e «volevo un tuffo che più bello non si può e speravo in 80 punti». Ne sono arrivati 81.
Due medaglie, ma senza interessi. Sempre un ma ad accompagnarla. Si vede che era scritto, che doveva finire così. Altrimenti ci sarebbe stato un oro come sacrosanto e tardivo indennizzo per la doppia beffa di Londra 2012 che le aveva lasciato addosso solo la voglia di mollare tutto «anche se ora non cambierei nulla», ripete.
Ultimo tuffo, dunque. Non importa il risultato. L'acqua è azzurra. Senza ma.
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