Benny Casadei Lucchi
nostro inviato a Rio de Janeiro
Non c'è il tetto sopra la piscina della Maria Lenk Arena. C'è però il vento. E lei non voleva il vento. Piove a gocce inglesi e leggere. E lei non voleva la pioggia. Fa freddo. Ma lei ama il caldo. Ma c'è la medaglia. E quella eccome se la voleva.
Tania, sei argento dal primo al quinto salto, sei argento con la tua amica Francesca Dallapé, compagna di fatiche nel 3 metri sincro, e compagna di palestre e mesi infiniti spesi con i muscoli che dolgono e volando in alto attorcigliate alla voglia di afferrarla quella medaglia olimpica sempre sfuggita. Tania, c'è la medaglia. Francesca c'è la medaglia. Ora potete far festa, prime donne d'Italia a riuscirci. E tu, Tania, tu puoi finalmente piangere di felicità vera, senza più rimpianti e rabbie e sofferenze, ma anzi con la voglia grande di riprovarci presto, ancora qui, nell'individuale, perché come dici e ripeti anche in questo magico pomeriggio brasiliano «il podio nel sincro mi farà saltare più tranquilla nella mia gara solitaria, perché ora mi sono finalmente tolta un peso, ora potrò godermi ogni singolo tuffo che farò».
Trecentoquarantacinque e sessanta i punti afferrati da quei due maschietti potenti e senza bellezza sportiva delle cinesi Shi Tingmao e Wu Minhia, poi tu e Francesca, 313 e 83, e quindi, beffate un po' come era successo proprio a te a Londra, nell'individuale, le canadesi: 299,19 punti.
Medaglia d'argento Tania, sedici anni dopo il primo assalto, quando eri ancora una bambina, a Sidney che non ti pareva vero di essere lì con i grandi. Argento che racconta di dieci olimpiadi tra padre e figlia e finalmente ti avvicina un poco a papà Giorgio «che lui ne ha quattro e gliele ho sempre invidiate» ami ripetere tanto quanto lui ama risponderti «ma no piccola mia non è una battaglia in famiglia questa». Vero anzi verissimo, perché la tua, Tania, è stata invece una lunga, infinita battaglia con il mondo dei tuffi olimpici, un mondo che da troppo tempo si è inchinato al modo potente e maschio e senza leggerezza ed eleganza dall'armata cinese. E «grazie a tutti», fai l'elenco, e però «grazie soprattutto a te Francesca...». La Dallapé si emoziona, lacrime anche per lei. «Ci siamo dette grazie mille volte dopo l'ultimo tuffo» rivela Francesca, perché il grazie più grande lo dobbiamo a noi che ci siamo trovate e siamo amiche e ci siamo sorrette a vicenda nei tanti momenti difficili...».
Piangi Tania, «oggi è tre volte che succede...». Forza, in fondo è la prima volta che puoi farlo senza domandarti se verranno interpretate come lacrime di questa o quella emozione. No. Questa volta sono lacrime di una solo colore, quello giusto, quello lì. Lacrime nate frettolose quando eravate ancora in acqua tu e Francesca ma già avevate capito di avercela fatta. Lacrime sincere quando dopo il quinto tuffo avete capito che no le canadesi non ce l'avrebbero fatta e intanto fissavate già il tabellone aspettando il risultato che vi avrebbe fatto scappare fuori dall'acqua per urlare e abbracciarvi di fatica e vittoria. Perché lo sappiamo. È un argento che vale oro per voi questa rincorsa infinita finalmente terminata.
Ora, però, asciugatevi finalmente gli occhi. Non c'è bisogno di stropicciaverli per crederci: è davvero medaglia. E avete fatto bene a piangere un'ultima volta nell'acqua di questa arena brasilera.
Perché è l'acqua che racconta la vostra vita. Ma soprattutto fai bene tu, Tania, adesso, a dire per la prima volta e forte e chiaro che «per il singolo basta, non voglio più commuovermi così. Da questo momento in poi sarà tutto diverso».
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