Dietro la tempesta perfetta scatenata dalle polemiche arbitrali delle ultime ore, resistono due rischi per il calcio italiano. Il primo, forse anche il meno avvertito dall'opinione pubblica perché il più recente, è quello indirettamente registrato dallo stesso Gabriele Gravina, presidente della federcalcio, alle prese con il piano di riforme del sistema e in aperto conflitto con la Lega di serie A guidata dal tandem Casini-Lotito con l'appoggio di ADL, presidente del Napoli. In questo primo caso la preoccupazione del mondo calcio è testimoniata da tre telefonate ricevute dal numero uno di via Allegri provenienti da altrettanti club di serie A e qui non è difficile indovinare le rispettive identità nel giorno successivo all'uscita di Claudio Lotito contro il sistema di venerdì notte all'Olimpico. Applicare il marchio di inaffidabilità al sistema calcio italiano, compromettendo il significato del merito, significa molto direttamente offrire la patente di inaffidabilità anche al campionato e ai suoi prestigiosi risultati acquisiti sul campo.
Naturalmente tre telefonate di sostegno e solidarietà a Gravina non scompongono l'attuale scenario della Lega serie A ma pongono forse l'esigenza di un chiarimento sul tema che sarà possibile ottenere nel corso della prossima assemblea di categoria fissata a Milano per venerdì 8 marzo con all'ordine del giorno tra gli altri argomenti temi federali e informativa sulla piattaforma serie A.
Il secondo rischio è quello di liquidare le prove scadenti della squadra arbitrale tra venerdì e sabato come la conseguenza della faida interna tra le due anime del settore in competizione tra di loro in vista della prossima tornata elettorale. Non è così e bisogna fare una netta distinzione tra prestazioni tecniche molto deludenti (Di Bello), errori marchiani (Marchetti in Torino-Fiorentina) e dispute personali. Sul tema bisogna anche ripetere che in materia di gravi accuse sui metodi di selezione all'interno della Can c'è un distinguo da fare ed è il seguente: bisogna valutare nel merito la denuncia di chi, tra i tesserati, tipo Eugenio Abbattista (voti ai fischietti di serie B) per intendersi, mette la faccia e la firma sulle proprie segnalazioni, e chi invece si nasconde dietro un comodo riparo. Nel primo caso bisogna stabilire se quelle accuse siano fondate oppure no. Nel secondo invece bisogna liquidarle come irricevibili.
Sostenere che è solo frutto della guerra intestina agli arbitri è molto riduttivo e non coglie la gravità della situazione. In tantissimi anni di attività dell'Aia, un clima così torbido e limaccioso, non si era mai registrato.
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