Lo stile di Jupp Heynckes, un signore di 73 anni (il 9 maggio, auguri) in possesso di un palmarès che neanche gli allenatori italiani più celebrati possono vantare, ha messo in ombra la conquista della terza finale consecutiva da parte del Real Madrid di Zinedine Zidane. Zizou da tecnico ha messo la testa a posto, per così dire, e si presenta da favorito a Kiev, 26 maggio. La Champions scende su misura alle meringhe. Questi traguardi, potrebbe argomentare il signor Jupp, non possono essere spiegati solo con la benevolenza degli arbitri. Potrebbe, considerata la sua elegante reazione all'eliminazione del Bayern Monaco: «C'era almeno un rigore per noi, ma non posso parlare dell'arbitro in una serata in cui abbiamo sbagliato tanto». Chapeau.
La classe non è acqua e a questo proposito ecco lo sproloquio di Oliviero Toscani, per far capire il diverso approccio italiano al problema arbitrale (di tutti, non solo suo): «La Juventus? Non vuole confrontarsi ad armi pari. Questa è una mentalità mafiosa: arrivare a qualcosa non seguendo la strada normale ma prendendo le scorciatoie».
Anche gli juventini di ogni ordine e grado, comunque, quando subiscono un torto, si stracciano le vesti e ululano agli arbitri come tutti. Ricordiamo Agnelli e gli altri tesserati bianconeri al Bernabeu. Ma il nostro dramma non è solo quello che diciamo, ma per quanto lo diciamo. Anche gli altri si lamentano, ma poi smettono e ognuno per la sua strada. Il nostro problema, da farci analizzare sul divano di In Treatment, è che non la finiamo più. Anche noi giornalisti mettiamo il nostro carico.
Il ventesimo anniversario dello scontro Ronaldo-Iuliano è stato celebrato più dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Siamo fuori dai Mondiali, siamo marginali nel panorama europeo anche per questo. Mentre noi parleremo per anni di gol annullati o di rigori non dati, il signor Jupp sarà lì a battersi per un'altra Champions.
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