Sochi - Un'altra, noooo! Dopo le due dello snowboard al mattino, la medaglia di legno di Stefano Gross nello slalom chiude di fatto l'olimpiade italiana, oggi non abbiamo speranze nella 50 km di fondo e quindi per noi è finita. Il conto resta fermo a 8 medaglie, lo stesso numero dei quarti posti, e questo fa capire come sia sottile il confine fra la gloria e il nulla, quell'andare via a testa bassa senza che nessuno osi fermarti, per paura di farsi rispondere male. C'è modo e modo di accettare un quarto posto all'olimpiade, Stefano Gross ha scelto quello della rabbia. «Bravo Stefano», gli diciamo un po' timidamente quando si avvicina alla barriera
«Bravo niente, mi sono mangiato la medaglia, ho sbagliato prima del piano, stavo andando fortissimo da due settimane e anche oggi ho dimostrato di esserci, ma a cosa serve se poi arrivo quarto? Non serve a niente all'olimpiade un risultato così». Si addossa tutta la colpa, non cerca scuse, «il tracciato di Kostelic era uguale per tutti e io ci credevo».
Punto. A capo. Si guarda avanti, che altro si può fare? È già successo, succederà ancora, certo che tre quarti posti nelle dieci gare dello sci alpino non sono una bella cosa, quello di ieri poi è particolarmente doloroso perché il bronzo è a soli 5/100. La delusione è tanta, Stefano era l'ultima possibilità italiana dopo che Thaler nella prima manche (peccato: stava andando fortissimo) e poi Moelgg e Razzoli nella seconda erano usciti. Tante emozioni hanno fatto stare male il dt Claudio Ravetto, che all'arrivo si è accasciato colto da una crisi di tachicardia. Ci ha messo un po' a riprendersi e a raccontare che «mentre scendeva Stefano non sono riuscito a guardarlo, ero proprio nel pianetto dove lui dice di aver perso tutto, è stata una seconda manche troppo emozionante e spiace davvero che non sia arrivata una terza medaglia per i miei ragazzi, avrebbe quasi equilibrato il conto fra settore velocità e settore tecnico».
Quel conto che hanno invece equilibrato gli austriaci, dopo la disfatta nel gigante in cui il quarto posto era toccato a Marcel Hirscher. Ieri sono in due sul podio, lo stesso Hirscher, secondo, e Mario Matt, primo. Con loro il norvegese di 19 anni Henrik Kristoffersen, lo Shiffrin in pantaloni, al quinto podio stagionale. È stato uno slalom strano, molto particolare. Ad una prima manche ricca di sorprese, la più grande Hirscher e Kristoffersen molto attardati e sulla carta senza più possibilità di fare medaglia, è seguita una seconda ricchissima di colpi di scena. Il regista della commedia era stato Ante Kostelic, il padre di Ivica, che come suo solito si era divertito a tracciare una gimkana più che uno slalom, un disegno senza ritmo e senza senso, uno slalom con passaggi in cui era obbligatorio frenare per riuscire ad infilare tutte le porte. «Quando ho fatto ricognizione ho pensato di aver ancora una possibilità di arrivare al podio» - ha detto Hisrcher - «perché ho capito che sarebbe stata una manche a eliminazione. Certo, avrei potuto uscire anche io, ma mi è andata bene e adesso sono contento dell'argento. Ho sperato anche nell'oro, ma Mario non ha sbagliato, bravo lui, era la sua ultima occasione olimpica e l'ha colta».
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