In fondo è un bravo ragazzo. «Yes yes yes yes, parappapiii». Se Hamilton festeggia pole e vittorie alzando gli occhi al cielo e invocando il dio dei motori e mostrando tatuaggi e danzando rapper, Sebastian Vettel fa «piripippi», canta Toto Cutugno e passa la vita ad essere messo in discussione. Alla vigilia di Montreal l'avevano dato prossimo al ritiro e lui ha subito risposto, prima a parole «non credo proprio, ho tanto da fare qui alla Ferrari, vincere con la Rossa è una missione» e poi in pista: pole. La prima per lui dopo diciassette Gp e un mondiale sfuggito via. La prima dopo l'ultima, in Germania, quando buttò una corsa già vinta e iniziò l'inesorabile declino. La prima per lui quest'anno dopo l'acuto del compagno rivelazione Charles Leclerc in Bahrein, ieri terzo tempo e imperfetto. Soprattutto, la seconda per la gestione di Mattia Binotto, che torna a respirare, dimostrando che alle parole sono seguiti i fatti. «Non molliamo» aveva detto, «non ce l'aspettavamo ma dimostra che lo spirito c'è, stiamo lavorando bene» dice adesso, «anche se i risultati mancano ancora, però godiamoci il momento. Quanto a Seb, giro perfetto, se l'è proprio meritata»
Mentre re Lewis fa finta di non essere deluso per aver mancato la pole, mentre Seb dice «le ultime 17 gare erano state dure per me e ora dovrò fare in modo di stare davanti alle Mercedes visto che hanno un incredibile passo gara...», mentre la Rossa finalmente sorride, forse, come in Bahrein due mesi fa, si può tornare a sognare. In fondo, il circuito sull'Île Notre Dame è tracciato amato dalla Ferrari degli ultimi anni benché avaro di vittorie. L'anno scorso Vettel trionfò proprio qui, riprendendosi la vetta del mondiale ai danni di Hamilton e interrompendo il digiuno della Rossa che in Canada durava dal 2004. Oggi agli uomini del Cavallino e a tutti i suoi tifosi basterebbe molto meno: interrompere il digiuno di vittorie patito in questa prima parte di campionato. Problema: anche la Mercedes gradisce questa pista; soprattutto Lewis Hamilton che qui conquistò la prima delle sue 77 vittorie, era il 2007, guidava la McLaren e al suo esordio in F1 si era subito messo a tormentare Fernando Alonso, compagno e campione del mondo in carica.
Questo il primo verdetto della pista mentre il Circus s'interroga sulla bontà o meno delle nuove norme che Liberty Media (i padroni americani del baraccone) sta discutendo con la Federazione e i team. Si va dall'introduzione di un budget cap di 175 milioni di dollari (nella cifra non sono inclusi gli ingaggi dei piloti, le spese per le power unit, marketing e trasferte) a motori che resteranno gli attuali (bocciata l'idea del cambio uguale per tutti). Riguardo agli aspetti sportivi, ma sempre in chiave di contenimento costi, addio al giovedì: il week end inizierà il venerdì, prove libere tutte al pomeriggio.
Nell'attesa, è però bello sognare che invece il gruppo di lavoro che studia la rivoluzione, capitanato dal dt della F1 Ross Brawn, accolga in toto le parole della vigilia
firmate da Lewis Hamilton: «Vorrei motori V12 aspirati, cambio manuale, niente servosterzo, niente vie di fuga e gare che ti sfiniscono...». Sarebbe un gran risparmio, sarebbe troppo bello, soprattutto sarebbe troppo sport.
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