Milano - «Visit Aspromonte», «visit Bitonto», «visit le Langhe». E non sapendo dove sbattere la testa, il turista straniero alla fine sceglie di andare in Francia o in Spagna; lì sa per certo che cosa gli offriranno: champagne, flamenco, opéra e paella.
Scoraggiare un viaggio in Italia è impresa non da poco; eppure, stando ai dati di quest’ultima estate, sembra che gli assessori regionali al turismo ci siano quasi riusciti. Estate 2008: in Italia passerà alla storia come l’estate degli Europei di calcio, delle Olimpiadi e degli alberghi vuoti. Turismo in calo, turismo in caduta libera; uno scenario così cupo che dalla Fipe - Federazione italiana pubblici esercizi - non hanno neanche aspettato i dati definitivi di agosto per annunciare un calo di presenze vicino al 5%, con una perdita di gettito vicina ai tre miliardi di euro.
Un vero e proprio rebus: secondo i dati del governo, quasi l’85% dei turisti che a livello internazionale si rivolgono ai grandi operatori è attratto dalle bellezze del nostro Paese, ma poi solo il 35% di essi alla fine decide di venire davvero da noi. Le motivazioni di questo paradosso sono complesse, e abbracciano diversi settori del sistema Italia - infrastrutture, prezzi, ricettività - e non ultima la promozione turistica, settore in cui da sette anni i governatori - da quando la riforma dell’articolo V della Costituzione ha dato alle regioni competenze esclusive sul turismo - fanno di testa propria: dal 2001 al 2006 hanno speso complessivamente nel turismo 6.714.093.300 euro. Di questi, il 28,3% solo per la promozione: spot, cartelloni, pagine su quotidiani e riviste, eventi all’estero. Per un esborso complessivo di 1 miliardo e 895 milioni; quasi 316 milioni all’anno.
Con differenze importanti: la Calabria da sola ha speso 340.646.700 euro, una media di 56,7 milioni all’anno, valore pressoché equivalente alla spesa complessiva nei sei anni della Liguria e di gran lunga superiore a quella, sempre sul totale dei sei anni, di Sardegna, Puglia, Valle d’Aosta, Basilicata, Umbria, Marche e Molise.
Con che risultati? Si direbbe che quantità non equivale a qualità: secondo i dati del Touring club Italia, che ha stilato la classifica regionale della spesa turistica per ciascun arrivo nazionale e internazionale, nei sette anni in esame la Calabria ha pagato ogni singola presenza 43,6 euro, su una media nazionale pari a 3,7 euro. Anche in questo caso la punta della penisola si è guadagnata il primo posto, lasciando molto indietro la seconda e terza classificata, la Basilicata (21,6 euro) e la Provincia autonoma di Trento (14,1 euro per ogni turista). Chiudono la classifica tre regioni che forse non hanno troppo bisogno di promuovere le proprie bellezze: Lombardia, Lazio e Toscana, che hanno speso rispettivamente 1,3, 1,1 e 0,4 euro per turista.
Miliardi spesi in modo infruttuoso, che hanno ottenuto più che altro di frammentare l’immagine dell’Italia nel mercato estero. Già nel 2007 Antonio Paolucci, sovrintendente ai beni artistici del Vaticano, sottolineava come oltrefrontiera «non c’è l’Italia, ma tante Italie diverse per stili, cultura, immagini, identità».
Dopo la doccia gelata di questa estate, gli addetti ai lavori hanno preso atto della necessità di un’inversione di tendenza. Il coordinatore degli assessori regionali al turismo, Enrico Paolini, ha ricordato a conclusione della IV Conferenza italiana per il turismo di Riva del Garda il bisogno di superare la disarticolazione delle ventuno politiche locali per una politica promozionale capace di vendere all’estero un unico prodotto-ombrello: l’Italia. Cosa che invece riescono a fare con successo i nostri due concorrenti diretti, Francia e Spagna.
Se per tutti gli anni 80 l’Italia era, dopo gli Stati Uniti, il Paese che assorbiva la maggior quota di mercato del turismo nel mondo, oggi, con 30 miliardi e 281 milioni di incasso dal turismo straniero, è solo al quarto posto, dietro appunto a Spagna (40 miliardi) e Francia (quasi 37 miliardi).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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