Stenmark: «Caro Giorgio, attacca sempre e sarai oro»

«Merita di vincere, ma non faccia calcoli. Ai Giochi la tensione è grande: ci pensi fin da piccolo e quando il sogno è vicino non puoi far finta di nulla»

Maria Rosa Quario

da Sestriere

Intervista con il mito. Ingemar Stenmark, 50 anni da compiere fra meno di un mese, il viso affilato e pallido ma l’occhio vispo e l’antica passione che non pare scalfita a quasi vent’anni dal ritiro: «Sono Olimpiadi bellissime, le piste sono preparate in modo fantastico, avrei solo qualche consiglio da dare a chi produce le immagini televisive, e cioè che stando troppo stretti sull’atleta a volte non fanno capire nulla delle linee e della velocità di chi sta scendendo».
Lo sciatore più vincente della storia, 86 vittorie in coppa del mondo, due ori olimpici e tre mondiali, tre coppe del mondo assolute (ma sarebbero state almeno il doppio senza i regolamenti studiati apposta per frenare la sua egemonia), insomma, la leggenda dello sci è al Sestriere da due giorni, ospite dell’azienda di abbigliamento giapponese Goldwin. Stenmark non sembra oberato dal lavoro: «Sono un uomo libero e felice di poter scegliere di fare ciò che voglio quando voglio. Vivo ancora della gloria del passato, ma odio guardarmi indietro e penso sia la cosa più sbagliata che un uomo possa fare».
Guardi avanti allora, cosa vede?
«Una gara di slalom molto attesa, spero tanto che Rocca vinca, merita la medaglia d’oro perché è stato lo slalomista più forte della stagione, ma su di lui c’è davvero tanta pressione».
Lei ricorda di essersi mai trovato in una situazione analoga?
«A Innsbruck, Giochi olimpici invernali 1976. Ero il favorito per gigante e slalom, presi solo un bronzo in gigante e lo rubai a Thoeni, primo dopo la prima manche e quarto alla fine».
A proposito di Thoeni, al parallelo di Ortisei del 1975, decisivo per la coppa, non aveva pressione?
«Anche lì fu terribile, ma soprattutto perché a me non piaceva fare gara con l’avversario di fianco, mi toglieva concentrazione, forse non avrei perso se avessi corso con i paraocchi come i cavalli».
Torniamo all’Olimpiade. Dopo il mezzo fallimento del 1976 fece doppietta nel 1980, a Lake Placid.
«Ma anche lì la tensione mi paralizzava, nei giorni prima delle gare non ero io, sciavo male, poi però riuscii a vincere il gigante, mi sbloccai e vinsi anche lo slalom».
Ma perché l’Olimpiade è una gara diversa da tutte le altre?
«Perché c’è una volta ogni quattro anni, perché ogni bambino che fa sport cresce con il sogno di vincere le olimpiadi e quando poi si trova con il sogno a portata di mano non può fare finta di nulla».
Che consiglio darebbe a Giorgio Rocca?
«Attaccare a tutta, nella prima e poi anche nella seconda manche, indipendentemente dalla posizione in cui si troverà. Ormai nello slalom non si può amministrare, perché il livello è altissimo. Ai miei tempi le differenze erano più marcate, oggi ci si gioca tutto sul filo dei centesimi e chi esita anche solo un attimo è perduto».
Chi saranno i rivali di Rocca?
«Ci sono tantissimi nomi, forse troppi! Io dico Ligety, Miller, Raich, Palander e poi occhio a Sasaki e ai miei connazionali Myhrer e Larsson, che non hanno nulla da perdere e scieranno liberi e sciolti. Anche Ligety e Raich hanno un oro già in tasca e poco da perdere».
Ma per chi farà il tifo?
«Vorrei un podio con Rocca, Palander e uno svedese».
Cosa fa oggi Ingemar Stenmark?
«Vivo a Montecarlo ma sto costruendo una casa a Stoccolma. Lavoro in inverno per varie aziende del settore e in estate faccio quello che voglio. Amo il golf.

Ho una fidanzata e una figlia nata dal primo matrimonio, è già grande, studia e ama sciare insieme a me».
E lei ama l’affetto della gente?
«Mi fa piacere e soprattutto qui in Italia è sempre fortissimo. L’importante è che nessuno mi disturbi mentre mangio e mentre guardo le gare di sci».

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