La storia dei mitici gioielli (e della dinastia Buccellati) nel racconto delle clienti

Maria Cristina parla dello splendido progetto sul brand della sua famiglia: tra pezzi vintage e ricordi

La storia dei mitici gioielli (e della dinastia Buccellati) nel racconto delle clienti
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Si dice che tutti i gioielli hanno un potere taumaturgico perché se vengono regalati è per amore e se vengono acquistati da chi poi li indosserà è per passione. Del resto è noto che le pietre e i metalli preziosi possono essere dei potenti catalizzatori di energie con cui alla fine bisogna fare i conti. Da qui a credere che il diamante Hope, spettacolare gemma blu da oltre 40 carati oggi conservata allo Smithsonian Institute di Washington, abbia portato sfortuna ai suoi proprietari ce ne corre.

Di sicuro fa un certo effetto pensare che molti di loro a cominciare da Maria Antonietta siano morti di morte violenta, almeno quattro sono finiti in bancarotta e l'ultima in ordine di tempo (titolare tra l'altro del Washington Post) l'abbia prestato alla figlia nel giorno delle nozze e poco dopo la ragazza si è suicidata con i barbiturici. «A noi arrivano solo storie belle ed emozionanti» sostiene Maria Cristina Buccellati, direttore della comunicazione del brand fondato da suo nonno nel 1919. Proprio lei si occupa in prima persona di Share Your Memories, il bellissimo progetto di comunicazione del brand che invita la clientela a condividere i propri ricordi sui gioielli Buccellati entrando quindi a far parte della gloriosa storia di questa eccellenza italiana.

La prima ad aderire all'iniziativa è stata la signora Ester Villa che ha addirittura donato all'archivio storico del marchio un paio di orecchini ricevuti in dono dal marito con un gesto d'altri tempi: far cadere l'astuccio dei preziosi da un mazzo di violette. Ovviamente non tutti donano i loro pezzi vintage all'archivio storico del brand che vanta ormai 100 favolose creazioni realizzate in oltre un secolo di storia da Mario Buccellati che D'Annunzio definiva «principe dei gioiellieri e gioielliere dei principi», da suo figlio Gianmaria, dal nipote Andrea e dalla pronipote Lucrezia.

A tutti però basta inviare una mail a vintage@buccellati.com per contattare la maison che in caso di necessità può restaurare il gioiello e studiarne a fondo la storia. Esistono anche le collezioni Storica e Vintage per cui è addirittura possibile avere un'edizione speciale dell'antico astuccio ottagonale. Tra le tante storie raccolte e tramandate sui social con questo sistema c'è quella di un'anziana diva della televisione giapponese che a 93 anni suonati indossa ancora una straordinaria parure in oro bianco lavorato a nido d'ape e brillanti creata per lei da Gianmaria Buccellati. «Papà nel 2012 ha realizzato anche un'incredibile tiara in oro giallo e bianco con zaffiri, tsavoriti, tormaline Paraiba e un grosso pendente in kunzite per il matrimonio di una signora che vive a Londra» spiega Maria Cristina ricordando anche alcuni aneddoti sui suoi stessi gioielli. Il più doloroso riguarda un meraviglioso anello cocktail con un grande zaffiro imperiale che si era comprata nel 1998 e che le piaceva così tanto da metterlo anche in casa, da sola, per il puro piacere di possedere un oggetto così bello. «Ho commesso l'errore d'indossarlo durante lo shooting di una campagna pubblicitaria dice il fotografo se n'è innamorato e l'ha voluto fotografare. L'immagine era bellissima e l'abbiamo pubblicata per cui un cliente americano ci ha chiesto di comprarlo. Mio padre mi ha spinta a venderlo anche se era un pezzo unico, irripetibile: da noi il cliente ha sempre ragione». Più allegra la storia dell'anello che la madre le regala per i 18 anni e che le viene rubato ma un bel giorno, anni dopo, lo ritrova in vendita su internet.

Poi c'è la sua amica fermamente convinta che il bracciale Blossom le porti fortuna e non parliamo del cliente americano per cui è un disastro se non riesce ad acquistare la preziosa decorazione in argento per l'albero di Natale. «Ne produciamo 500 all'anno conclude con forme e motivi diversi ma tutte numerate. Lui vuole solo la 000, dice che senza non festeggia Natale».

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