80 anni fa la liberazione di Auschwitz: l'inferno in Terra trovato dall'Armata Rossa

La mattina del 27 gennaio di ottanta anni fa le avanguardie sovietiche cinsero d'assedio una città chiamata Auschwitz, incontrando una forte resistenza. Ciò che scoprirono dopo, era il più atroce e devastante luogo di stermino della "Soluzione Finale" nazista

80 anni fa la liberazione di Auschwitz: l'inferno in Terra trovato dall'Armata Rossa

Ottanta anni fa, il 27 gennaio 1945, il complesso di campi di concentramento e sterminio di Auschwitz e Birkenau, Monowitz e i 46 sotto-campi che lo componevano, furono scoperti e liberati dell’Armata Rossa in rapida avanzata verso la Vistola e l'Oder, che si imbatté quasi casualmente nell’anticamera dell’inferno sulla Terra mentre stabiliva le posizioni per attuare una nuova decisiva offensiva verso Berlino e Breslavia.

Secondo i rapporti dei sovietici, che avevano ripreso le operazioni militari il 12 gennaio 1945 dopo essersi attestati sulle posizioni ottenute, il primo reparto ad entrare nel campo di sterminio faceva parte della 60ª Armata del generale Kùročkin, proveniente dal Primo fronte ucraino. Un reparto d’avanguardia che aveva subito pesanti perdite ed era comandato da Anatolij Shapiro, un ebreo della regione dell’oblast di Kharkiv, nell’Ucraina orientale che oggi è nuovamente martoriata da offensive e controffensive. Volontario nell’Armata Rossa con un migliaio di uomini al seguito, stava avanzata verso due cittadella che i tedeschi chiamavano Auschwitz e Birkenau, e i russi Oświęcimo e Brzezinka. Difficilmente potevano immaginare cosa avevano di fronte.

"Erano quattro soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi. […] Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono", scrisse di quel giorno Primo Levi.

Nessuno aveva ricevuto l’ordine di liberare il campo", ha ricordato Antonella Salomoni, nel suo libro L’Unione Sovietica e la Shoah: «..i militari non erano informati di Auschwitz in quanto luogo di concentramento e di sterminio. Nessuno aveva ricevuto in proposito un qualche ragguaglio e un’adeguata preparazione. I documenti che predisponevano l’operazione, che pure erano molto dettagliati ed erano stati esaminati dai massimi responsabili della forze armate insieme a Stalin (che sapeva del campo, ndr), non facevano nessuna menzione del luogo". Auschwitz non era il primo campo di sterminio a essere scoperto dai sovietici, che aveva avevano già liberato campi di Majdanek, Chełmno e Bełżec ed erano al corrente dell’esistenza di queste fabbriche della morte.

Il generale dell'Armata Rossa Vasily Petrenko, comandante della 107ª divisione di fanteria che insieme alla 100ª e 322ª liberò l’enorme complesso dei campi di Auschwitz, riportò in seguito: “Io che vedevo morire persone ogni giorno, ero scioccato dall'odio indescrivibile dei nazisti verso i detenuti che si erano trasformati in scheletri viventi”. Non mancheranno le testimonianze dei sopravvissuti, che ricorderanno come i soldati dell'Armata Rossa, laceri e affaticati dalla battaglia, piangevano come bambini di fronte a ciò che avevano trovato.

Abbandonati a morire

I prigionieri liberare dal complesso di Auschwitz era solo una piccola parte, i più deboli, i malati, quanto non potevano prendere parte alle “marce della morte”: l’evacuazione verso la Germania di una forza lavoro che poteva ancora servire la macchina bellica nazista. Deportandoli a Dachau, Buchenwald, Flossenbürg, Mauthausen e Sachsenhausen. Già nel novembre il vertice delle SS Heinrich Himmler, che iniziava ad materializzare l'idea di poter intavolare delle trattative con gli americani per evitare la distruzione nella Germania e fronteggiare l'avanza dei comunisti in Europa, aveva dato ordine di cessare le esecuzioni e distruggere le camere a gas e i forni crematori per nascondere - come stava avvenendo altrove - le prove del genocidio che era stato perpetrato dal 1940, quando il campo denominato Auschwitz 1 aveva iniziato a funzionare.

L'ultimo appello ufficiale fatto ai 67.012 prigionieri ebbe luogo il 17 gennaio. In seguito una cifra approssimativa di 58.000 di prigionieri furono disposti in colonne e condotti a piedi verso i treni di carbone che li avrebbero portati verso gli altri campi. Si stima che 15.000 furono uccisi o morirono per lo sfinimento fisico nelle "marce della morte". Erano stati abbandonati alla morte nei campi per assenza di cibo e cure mediche più di 9.000 prigionieri, tra cui circa 500 bambini, che non erano stati "ritenuti non idonei all'evacuazione". Tra il 20 e il 26 gennaio, le SS minarono e fecero saltare in aria quanto restava dei grandi forni crematori e diedero alle fiamme depositi e quanti più documenti potessero per nascondere ogni traccia possibile di quanti fossero arrivati ad Auschwitz e quale barbarie si fosse consumata in quei luoghi.

Gli ospedali da campo sovietici che si stabilirono all'interno del lager con il sostegno della Croce Rossa polacca, annotarono dati strazianti: "Gli adulti pesavano in media 30-35 kg" e "Ancora nel maggio del 1945, una ex prigioniera, nata nel 1914, alta 160 cm, pesava 25 kg. Un'altra alta 155 cm pesava 23 kg". Ma più delle parole dei semi-vivi, furono gli oggetti rimasti accatastati nei depositi che non erano stati distrutti dai nazisti, a parlare per i morti.

La traccia degli uomini e delle donne di Auschwitz

Il numero esatto delle vittime di Auschwitz è sempre stato difficile da stabilire, dato che le prove vennero distrutte dalle SS in ritirata, ma si è calcolato che oltre 1 milione di persone non hanno fatto ritorno dal complesso di lager di Auschwitz, Birkenau, Monowitz e i 46 sotto-campi per i quali si era espanso.

Quando i sovietici arrivarono, trovarono 44mila paia di scarpe, 35 chili di occhiali, 8 tonnellate di capelli umani, e poi i cadaveri di uomini, donne, bambini scheletriti. I depositi ero pieni di enormi quantità di oggetti appartenuti a molte più persone di quante erano state liberate. Erano la testimonianza tangibile dell’Olocausto. Il lascito di quelle centinaia di migliaia di persone che avevano viaggiato sui treni piombati per destinazioni finali che non conoscevano, e che avrebbero trovato quelle che Hannah Arendt definì “azioni mostruose" di esseri "pressoché normali, né demoniaci né mostruosi”, cercando di spiegare la Banalità del Male. Mentre viene definito un "paradosso della storia" il giorno in cui i "soldati del totalitarismo sovietico portarono la libertà ai prigionieri del totalitarismo nazista".

Senza soffermarsi sul fatto che molti dei prigionieri del totalitarismo nazista erano fuggiti dai Pogrom del totalitarismo sovietico che era andato al potere dopo la Rivoluzione,

possiamo dire che la liberazione di Auschwitz fu un caso nel corso di un'avanzata di tutti i giorni sul Fronte orientale che si era rivolto contro Berlino. Eppure quel caso è uno dei casi più scioccanti dell’intera storia umana.

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