Le guerre infinite di Venezia per il dominio dell'Adriatico

Tra IX e XVII secolo, quindici guerre segnarono la corsa della Serenessima per la conquista del mare tra Italia e Balcani. Gli avversari? Principalmente croati e ungheresi

Le guerre infinite di Venezia per il dominio dell'Adriatico

La Repubblica di Venezia è stata fino al tramonto del XVIII secolo lo Stato simbolo della marittimità italiana e, soprattutto a cavallo tra la parte finale del Medioevo e l'Età Moderna, una protagonista della politica del Mediterraneo. Il cuore del dominio veneto dei commerci fu, per lunghi secoli, l'Adriatico. Uno spazio marittimo che in Europa fu considerato sostanzialmente un "lago" veneto ma che la Serenissima dovette, in realtà, contendere per lunghi secoli a due importanti rivali: i regni di Croazia e Ungheria.

Nella lunga storia della Repubblica di Venezia, le quindici guerre combattute tra IX e XVII secolo per assicurarsi il dominio degli spazi costieri che andavano dalla Dalmazia all'attuale Ungheria, per consolidare le roccaforti e le basi navali e per evitare la temuta saldatura tra rivali marittimi e terrestri hanno rappresentato delle compagne di viaggio costanti da quando, nell'829, il doge Giovanni I Partecipazio armò una flotta di 30 galee per colpire i pirati narentani, abitanti della Dalmazia e futuri sudditi della corona di Croazia.

L'allora Ducato di Croazia fu il primo Stato a contendere ai veneti la supremazia adriatica, e dopo essersi costituito come regno nel X secolo ebbe, a partire dal 1102, il sostegno dell'ambiziosa Ungheria, che dopo essersi consolidata sulla scia dell'invasione degli ungari nei secoli precedenti aveva mostrato forti ambizioni marittime.

La sconfitta di Macarsca, in Dalmazia, nell'887 portò i veneziani a dover pagare un tributo per la navigazione in Adriatico che la Serenissima lavorò a lungo per invertire. L'uomo del destino sarebbe stato, nel 991, il doge Pietro II Orseolo, che approfittando delle guerre civili interne al giovane regno croato iniziò a programmare la fine del tributo secolare e l'espansione egemonica, militare oltre che commerciale, di Venezia: caddero prima e dopo l'anno Mille in mano a Venezia snodi strategici come le città di Arba e Ragusa nell'attuale Croazia, le isole di Issa, Lagosta e Curzola prima, Pago e Veglia poi.

L'unione personale tra i regni di Croazia e Ungheria dopo l'ascesa al trono di Colamanno a Buda portò a inizio XII secolo l'Ungheria stessa a entrare duramente nel conflitto. Per due secoli e mezzo il regno pannonico sarebbe stato il nemico numero uno dei veneti nella corsa all'egemonia regionale. E per l'Ungheria iniziò quella lunga fase da potenza navale che si sarebbe conclusa solo nel 1918, con la caduta dell'Impero austro-ungarico. A cui i navigatori croati e slavi avrebbero contribuito a lungo.

L'intervento ungherese portò nel XII secolo i croato-magiari a mettere sotto il loro controllo Zaravecchia (oggi Biograd), Sebenico, Trau e Spalato, certificati da un trattato di pace dopo una guerra breve ma intensa nel 1108, e a sognare di strappare a Venezia Zara, da allora città più contesa nell'Adriatico.

Una guerra nel 1125 mantenne Zara a Venezia, ma nel 1183 la città si ribellò e si dichiarò leale ai croato-ungheresi. Questo fu la miccia per l'allarme a Venezia: con l'ingresso della città nei domini di Bela III, allora sovrano d'Ungheria, la minaccia di un'interdizione alla Serenissima nel Nord dell'Adriatico e di una chiusura ai commerci si fece sempre più concreta. Specie considerato il fatto che a quel tempo Venezia soffriva anche l'attivismo della rivale italiana Genova.

L'idea di una saldatura ungherese-genovese contro Venezia portò la Serenissima a tenere duro per vent'anni nel conflitto con i nemici d'Oriente. L'intervento di Enrico Dandolo e la "deviazione" della Quarta Crociata su Zara, prima del definitivo sbarco a Costantinopoli, come pegno per il passaggio a oriente dei guerrieri desiderosi di riconquistare Gerusalemme segnò il ritorno della città in mano veneziana e scongiurò questo incubo. Ma inaugurò al contempo un secolo e mezzo di rivolte della città contesa, l'ultima delle quali, nel 1345-1346 vide il re Luigi I d'Ungheria sognare la zampata contro Venezia, non riuscita.

La guerra di Chioggia vide la saldatura tra genovesi e ungheresi tanto temuta da Venezia. La pace di Torino del 1381 mostrò la sofferenza della Serenissima, costretta a cedere l'intera Dalmazia a Buda. Ma nel 1409 la Serenissima operò la riconquista del territorio, espandendosi poi a Montenegro, Bocche di Cattaro e una parte dell'attuale Albania. Da allora in avanti il monopolio della navigazione fu sostanzialmente veneto, con concessioni locali alla neo-indipendente Ragusa. Lo Stato da Mar veneto non sarebbe più stato messo in discussione fino alla calata di Napoleone, nel 1797, che segna la fine della Repubblica di Venezia. L'avanzata dei Turchi, nel XVI secolo, sostituì all'Ungheria gli Asburgo d'Austria, che però nel 1615 dopo l'inconcludente guerra di Gradisca accettarono sostanzialmente l'eredità dell'egemonia veneta sulla regione.

In quelle guerre durate quasi un millennio si plasmò molta dell'identità regionale dell'Adriatico. Si segnarono, di fatto, i confini della presenza delle genti italiane nei Balcani, che sarebbero rimasti invariati fino all'esodo giuliano-dalmata post-seconda guerra mondiale; si creò d'altro canto l'unione stretta tra Ungheria e Croazia che avrebbe tenuto fino ai giorni nostri, con la solidarietà magiara a Zagabria dopo la dichiarazione d'indipendenza nella guerra dei Balcani.

Si plasmò un'ibridazione tra Italia nord-orientale, Mitteleuropa e Balcani che avrebbe poi fatto la fortuna di centri come Trieste, sulla scia della contaminazione culturale e del tratto distintivo della cultura marinara, che gli Asburgo dopo il 1797 padroni della regione seppero e vollero incentivare. Al tempo stesso, per molti secoli si fissò il limite della penetrazione ottomana e dunque dell'Islam in Europa centro-meridionale a seguito della definizione dei confini tra mondo centroeuropeo e Serenissima alla vigilia della calata turca sull'Europa.

Insomma, le guerre veneto-croato-ungheresi rappresentano una fase dimenticata ma decisiva di una componente non secondaria di storia europea. Hanno plasmato più di ogni altro conflitto l'identità marittima veneta. Hanno mostrato la complessità di un'Europa in cui ogni terra è stata a lungo oggetto di ambizioni divergenti. E, cosa più importante, hanno messo in campo la tendenza di popoli diversi a cercare le vie del mare, dell'esplorazione, del commercio.

Favorendo in prospettiva quei contatti proficui che nascono non solo dall'incontro ma anche dallo scontro tra Stati e collettività. Dunque definendo la storia dell'Adriatico come uno dei mari più contesi nel quadrante, già denso di complesse dinamiche, del Mediterraneo.

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