Si vivrà col cuore in gola. 16-17 aprile, queste le date dell'udienza del TAS per il ricorso della WADA contro l'assoluzione di Jannik Sinner nella vicenda 'Clostebol'. «Sono ottimista. Mi hanno sempre detto che non era colpa mia, che non c'era volontarietà», ha dichiarato a Melbourne. I legali di Sinner punteranno all'applicazione dell'articolo 10.5 del regolamento antidoping, ovvero «nessuna colpa e negligenza», come era emerso nel processo di primo grado, mentre WADA spingerà per l'adozione del 10.6.2, con squalifica da 1 a 2 anni. È emerso un caso simile a quello del tennista tricolore, con esito favorevole al TAS. Si parla della canadese Briane Harris, giocatrice di curling. Per lei una sospensione di quattro anni dopo essere risultata positiva al Ligandrol, un integratore che stimola il testosterone, per via di una 'contaminazione' simile a quella di Jannik, avvenuta tramite altre persone. Nella situazione del pusterese era stato il fisioterapista Naldi, mentre per Harris i rapporti sessuali col marito, ricordando quanto accaduto in passato al calciatore Borriello con Belen Rodriguez.
Con il ricorso al Tribunale di Losanna, dopo 11 mesi di stop la squalifica è stata annullata. Un buon segnale? Da sottolineare che la menzionata contaminazione per Sinner è avvenuta non a causa di un contatto con un famigliare, ma per un componente del proprio team e questo potrebbe pesare.
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