Strasburgo protegge D’Alema Le telefonate con Consorte non potranno essere utilizzate

nostro inviato a Strasburgo

Niente revoca dell’immunità parlamentare per Massimo D’Alema. L’europarlamento ha negato ieri la richiesta della Procura di Milano - relativa ai colloqui telefonici del 2005 con Consorte, sui tentativi di scalata alla Bnl. I sì alla relazione che chiedeva lo stop delle indagini sono stati 543, contro 43 no e 90 astenuti. Nessuna sorpresa, se si eccettua il no dei radicali Cappato e Pannella e di Francesco Ferrari (Pd), visto che già in commissione giustizia, il relatore della pratica, il tedesco Klaus Heiner Lehne, aveva motivato il divieto ai giudici riuscendo a strappare unanimità di consensi.
Un pizzico di pepe comunque fuoriesce. Perché se a sinistra Pittella (Pd) e Musacchio (Prc) hanno tenuto a sgombrare il campo da qualsivoglia polemica con i magistrati, nel centrodestra sono stati toccati alcuni nodi piuttosto delicati che invece, rimbalzando in Italia, possono creare qualche nuova turbativa nei rapporti sempre tempestosi tra politica e magistratura.
In primo luogo, come ha notato Giuseppe Gargani - presidente della commissione giustizia - è solo in Italia che i Pm e i tribunali puntano sulle cosiddette intercettazioni «indirette» che coinvolgono i politici. Negli altri 26 Paesi d’Europa, qualora mettendo sotto controllo il telefono di un sospettato questi si trovi a parlare con un parlamentare, il materiale che se ne ricava è destinato al macero. Cosa che nella penisola non avviene.
In secondo luogo, come ha osservato sempre Gargani, rispetto alla prima richiesta di indagini avanzata dal pm Clementina Forleo, la quale chiedeva di poter approfondire per capire se ci si trovava davanti ad un reato o meno, negli altri due reclami avanzati a Strasburgo dal Gip e dal tribunale di Milano si comunicava che, a prescindere dalle intercettazioni, i giudici del capoluogo lombardo avevano comunque ormai incardinato il processo contro Consorte ed altri. In sostanza chiedevano sì di poter utilizzare i nastri del contatto telefonico di D’Alema, ma facevano capire che interessava fino ad un certo punto. Tant’è che il relatore Lehne aveva buon gioco nel far notare che secondo lo stesso Gip «le fonti di prova utilizzate sono già sufficienti a suffragare l’ipotesi accusatoria a carico di alcuni soggetti già per essa indagati» e anzi già rinviati a giudizio.
E dunque, diversamente da altri precedenti casi, come faceva notare il relatore tedesco la richiesta della procura di Milano, risultava «senza oggetto»; di qui l’insostenibilità della tesi volta a servirsi di quelle trascrizioni.


Ultima nota polemica, quella avanzata dal leghista Borghezio, per il quale la decisione di revocare l’immunità parlamentare al fiammingo Venhecke (Vlaams Belang), colpevole di esser direttore di un giornale su cui sono apparsi scritti di stampo razzista, non si spiega a fronte di un «D’Alema sospettato di insider trading proprio ora che tutti reclamano chiarezza e trasparenza dal mondo bancario».

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