Roma - Nell’attuale crisi politica e sociale, il Sud dell’Italia rischia di essere "tagliato fuori" dalla ridistribuzione delle risorse, e ridotto ad un "collettore di voti per disegni politici ed economici estranei al suo sviluppo". A denunciarlo sono i vescovi italiani che oggi hanno presentato un nuovo documento su Chiesa e Mezzogiorno.
La questione meridionale Per risolvere la questione meridionale, è necessario far crescere il senso civico di tutta la popolazione, ricostruire la "necessaria solidarietà nazionale", ma è anche urgente "superare le inadeguatezze presenti nelle classi dirigenti". Secondo i vescovi italiani, quindi, "la prospettiva di riarticolare l’assetto del Paese in senso federale costituirebbe una sconfitta per tutti, se il federalismo accentuasse la distanza tra le diverse parti d’Italia". Nel nuovo documento su Chiesa italiana e Mezzogiorno si auspica, infatti, "un federalismo, solidale, realistico e unitario" che "potrebbe invece rappresentare un passo verso una democrazia sostanziale". "Un tale federalismo - hanno affermati i vescovi - rafforzerebbe l’unità del Paese".
Liberarsi dalle catene della mafia "Non è possibile mobilitare il
Mezzogiorno senza che esso si liberi da quelle catene che non
gli permettono di sprigionare le proprie energie", per questo
la Cei condanna "con forza" una "delle sue piaghe più
profonde e durature", un vero e proprio "cancro": la mafia. I vescovi italiani hanno, infatti, parlato
della criminalità organizzata, "rappresentata soprattutto dalle mafie che avvelenano la vita sociale, pervertono
la mente e il cuore di tanti giovani, soffocano l’economia,
deformano il volto autentico del Sud".
Le mafie, ha poi aggiunto la Cei, "sono la configurazione più
drammatica del male e del peccato".
La mafia "non può e non deve dettare
i tempi e i ritmi dell’economia e della politica meridionali,
diventando il luogo privilegiato di ogni tipo di intermediazione
e mettendo in crisi il sistema democratico del Paese, perch‚ il
controllo malavitoso del territorio porta di fatto a una forte
limitazione, se non addirittura all’esautoramento, dell’autorità
dello Stato e degli enti pubblici". Tutto ciò, secondo i vescovi italiani, favorisce "l’incremento della corruzione, della collusione e della
concussione, alterando il mercato del lavoro, manipolando gli
appalti, interferendo nelle scelte urbanistiche e nel sistema
delle autorizzazioni e concessioni, contaminando così l’intero
territorio nazionale".
"L'immigrazione è un banco di prova" "Nessuno, proprio nessuno, nel Sud deve viver senza speranza", sostengono i vescovi
italiani proponendo all’intero Paese - con il loro documento - un "pensiero solidale" verso le genti
del Sud, attraverso "un giudizio ragionevole sulla situazione sociale e culturale del nostro Paese". I
vescovi italiani, sottolinea in proposito il vicepresidente Cei, mons. Agostino Superbo, "riaffermando la scelta della condivisione fraterna, riconoscono l’impegno di promozione umana
manifestato dalla parte migliore della Chiesa nel Sud" che "si è presentata come testimone
credibile della verità e luogo sicuro dove educare alla speranza per una convivenza civile più giusta
e serena". E il tema dell’immigrazione rappresenta un banco di prova: "è cambiato il rapporto con
le sponde orientali e meridionali del Mediterraneo", perchè "la massiccia immigrazione
dall’Europa dell’Est, dall’Africa e dall’Asia ha reso urgenti nuove forme di solidarietà".
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