Ma sull’economia bisogna fare di più

Il rischio c’è ed è grande. L’entusiasmo acritico sulle prime decisioni del governo e sull’intera relazione del governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, può, infatti, trasformare l’attuale luna di miele fra governo e Paese in un fuoco di paglia primaverile. Il pensiero unico è un veleno mortale per una duratura sintonia tra maggioranza politica e società perché sin che dura impedisce un confronto vero e ragionato. E in genere dura sempre poco. Dalla pregevole, anche se largamente ovvia, relazione di Draghi alle dichiarazioni dei sindacati e della Confindustria per finire alle indicazioni dei politici di maggioranza e di opposizione vi è una comune diagnosi sulle due vere emergenze del Paese, l’inflazione e la bassa crescita. L’inflazione ormai marcia al 3,6 per cento annuo e la crescita è prossima allo zero. In queste condizioni non c’è prospettiva che tenga e lo sfarinamento della coesione sociale è sempre più vicino. Se queste sono le maggiori emergenze i provvedimenti approvati finora dal governo non ne hanno tenuto il benché minimo conto. L’alto tasso di inflazione è legato all’aumento delle materie prime tra cui il petrolio e il grano. Il rialzo dei prezzi di questi beni ha prodotto maggiori entrate nel bilancio dello Stato per oltre due miliardi di euro nel 2007 e nel 2008 marciano a centinaia di milioni al mese grazie alla maggiore Iva che cresce con il crescere del prezzo. In tal modo viene messo sulle spalle dei contribuenti qualche migliaio di euro annuo a famiglia considerando anche il conseguente incremento delle bollette del gas e dell’elettricità. Questo stato di cose avrebbe dovuto innescare un’immediata riduzione delle accise su benzina e gasolio e sull’Iva di qualche prodotto alimentare tanto da mantenere ai livelli precedenti il prezzo al consumo dei rispettivi beni. Si sarebbe in tal modo prodotto un effetto benefico sulle famiglie evitando di ridurre la loro massa spendibile e sulle imprese, aiutando per davvero la loro competitività. Si è risposto in tutt’altra direzione con l’eliminazione dell’Ici il cui vantaggio per le famiglie che la riceveranno sarà puntualmente annullato dall’incremento della spesa per il fabbisogno energetico e alimentare, mentre per quelle che non la riceveranno, perché già esentate dall’Ici e per le imprese lo svantaggio sarà secco. La stessa cosa è avvenuta per la crescita economica. Nessuna riduzione di aliquota fiscale come quelle invocate da Draghi né altre misure sono state introdotte per dare fiato a una ripresa economica che boccheggia aggravando così anche i conti pubblici. Anzi anche qui si è fatto il contrario. La detassazione degli straordinari, che pure rappresenta in sé una misura giusta, perché dà alle aziende una maggiore flessibilità c’entra molto poco con la produttività, né rilancia la crescita e il beneficio finanziario sarà solo per una parte dei lavoratori. In più collocandosi in una fase di stagnazione economica questa misura avrà come effetto paradosso una riduzione dell’occupazione. L’eliminazione dell’Ici e la detassazione degli straordinari sono insomma norme giuste che hanno però privilegiato più le promesse elettorali piuttosto che il contrasto all’inflazione e il sostegno alla crescita, le due vere emergenze del Paese. A ulteriore testimonianza di ciò che diciamo c’è una parte della copertura finanziaria trovata per questi provvedimenti. Sono state ridotte, infatti, per 1,3 miliardi di euro le risorse per le infrastrutture nel Mezzogiorno, di quasi 300 milioni il fondo per la competitività e lo sviluppo e si è rallentato il credito di imposta per il Sud. Tutte misure che trasformano risorse di conto capitale in spesa corrente e quindi contrarie alle leggi sulla contabilità di Stato e per giunta contrarie anche al rilancio nel tempo breve della domanda pubblica e privata e nel medio periodo all’innovazione e alla ricerca elementi essenziali per una nuova politica dell’offerta.

Non vorremo apparire i bastian contrari rovinando così una festa comune, ma chi sostiene questa maggioranza non può che avvertirla per tempo degli errori che potrebbero a breve sommergerla e i rischi che corre l’intero Paese.
Geronimo

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