Larga all'avanguardia: dagli Area agli Skiantos storia di un'etichetta che ha fatto la storia della musica italiana

Larga all'avanguardia: dagli Area agli Skiantos storia di un'etichetta che ha fatto la storia della musica italiana

Larga all'avanguardia: dagli Area agli Skiantos storia di un'etichetta che ha fatto la storia della musica italiana

C'era una volta la Cramps Records, l'etichetta musicale indipendente, nata e cresciuta a Milano per iniziativa di Gianni Sassi, Sergio Albergoni, Tony Tasinato e Franco Mamone. Una factory attiva fin dal 1972, capace di portare in studio a incidere dischi Area, Arti e Mestieri, Eugenio Finardi, Alberto Camerini, Andrea Tich, Roberto Ciotti, Skiantos, Lucio Fabbri, Kaos Rock, Kandeggina Gang, Giusto Pio, Claudio Rocchi, Demetrio Stratos. Una casa capace di inventare suoni, visioni, performance, lanci pubblicitari, eventi musicali unici nel loro genere e che viveva di sperimentazioni e commistioni di generi: jazz, fusion, progressive, blues, canzone d'autore, rock italiano, musica contemporanea. Un sogno musicale e artistico quello della Cramps Records che giovedì 6 aprile al Teatro Lirico Giorgio Gaber di via Larga a Milano ha festeggiato i suoi cinquant'anni, celebrandoli con un superconcerto fatto di ricordi, racconti, esibizioni e improvvisazioni. Lo spettacolo è stato intenso e articolato ed è durato più di tre ore in compagnia di Patrizio Fariselli e degli Area Open Project, di Eugenio Finardi, di Carlo Boccadoro, di Skiantos, di Lucio Fabbri & Friends e Andrea Tich.

A condurre le danze e presentare le esibizioni è stata Jo Squillo che proprio dalla Cramps venne scelta per incidere con le Kandeggina Gang un singolo i cui due pezzi (Sono cattiva/Orrore) vennero poi inseriti anche nella compilation Rock 80. Jo (all'epoca ancora Giovanna Coletti) interpretava l'anima punk di Milano assieme a Marghie Gianni, Elena e Daniela e si esibiva spesso al centro sociale Santa Marta dove la scoprirono Stratos e Sassi che decisero di scommettere su quel gruppo di ragazze irriverenti e impertinenti. E quindi con sincerità Jo Squillo ha aperto la serata con un testo poetico, onirico e citazionista dove ha inserito tutti gli artisti che hanno fatto la storia della poliedrica Cramps Records. Poi agli Area Open Project è spettato il compito di rompere il ghiaccio. Ed è bastato che due delle tastiere di Patrizio Fariselli andassero in risonanza sbagliata con l'impianto per far capire che sarebbe stata un'esibizione esuberante, potente e carismatica dove la rilettura di pezzi di un album come Arbeit macht frei (che inaugurò il catalogo dell'etichetta milanese) ha sottolineato quanto fossero sperimentali e allo stesso tempo innovativi, complessi e anticipatori di future contaminazioni moderne. Con Dandy Bestia che da corpo alle attitudini dei suoi Skiantos è il demenziale ad accendersi sul palco mentre dal buio emerge il fantasma carismatico e poetico dello scomparso Freak Antoni. In fondo, aveva ragione lui: «Non c'è gusto in Italia ad essere intelligenti» e «Se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo». E così «badilate di cultura» punk investono il pubblico del Lirico attraverso Eptadone, Diventa demente, Largo all'avanguardia, Io ti amo da matti. Il pubblico, poco prima ipnotizzato dalle musiche degli Area, si mette ora a battere le mani e a canticchiare slogan deliranti che lo divertono: «Sono andato alla stazione/Ho cercato l'Eptadone/Poi m'ha preso l'emozione»; «La cultura cia cia cia/Poi ti cura cia cia con premura»; «Largo all'avanguardia pubblico di merda»; «Sesso e karnazza oooh». Il rock, lo sanno bene gli Skiantos «dà allo shock», e forse per questo Bestia prima di esibirsi in un assolo di chitarra alla Jimi Hendrix racconta un simpatico aneddoto sulla prima esecuzione live al Palasport di Bologna del singolo Karabigniere Blues. Quel concerto era presentato da Red Ronnie e c'erano circa seimila presenti, fra cui due militi che, avendo frainteso il testo della canzone compresero «Karabigniere-bigniere-bigniere- ptchù». Pensando che ci fosse un possibile vilipendio all'Arma si fecero seguire in caserma dal povero Freak Antoni. L'ascolto del 45 giri per fortuna portò al suo rilascio, perché il fatto non sussisteva, e costrinse l'artista a tornare in seguito in caserma a firmare copie del disco. Ma siccome il Bestia l'aveva sfangata, sostenendo di essere solo autore delle musiche della canzone, per renderlo partecipe della serata passata in bianco il buon Freak pensò bene di fargli una lunga telefonata ricca di colorati epiteti dedicati a lui, la sua fidanzata e la sua famiglia. Il pubblico in sala ride a crepapelle e Jo Squillo passa il microfono ad Eugenio Finardi che chiarisce a tutti chi era l'eclettico Gianni Sassi, anima della Cramps, al quale le definizioni di discografico e pubblicitario andavano sicuramente strette: «era un'artista situazionista. Creava infatti situazioni talvolta di scontri ma soprattutto di incontri estremamente stimolanti. La grande capacità di Sassi era di creare sogni nella mente di coloro con cui interloquiva. E noi questa sera siamo ancora parte della sua opera situazionista la Cramps è stata un asteroide che è precipitata nello stagno della musica leggera italiana e l'ha scossa». E fra i terremoti emozionali e musicali generati da quel fantastico inventore di incontri che fu Gianni Sassi ci fu il concerto nel 1977 di John Cage al Teatro Lirico. Un evento che viene rievocato da Finardi, accompagnato dalle improvvisazioni al piano di Carlo Boccadoro, con una lettura in italiano e poi inglese dei concetti di silenzio, musica e discussione sostenuti dal musicista americano che quella sera venne sostenuto con entusiasmo ma anche difeso sul palco dagli Area. A Lucio Violino Fabbri e al suo ensemble è spettato quindi un omaggio colorato e ritmato ad Alberto Camerini, Demetrio Stratos e allo stesso Finardi con le esecuzioni di Pane quotidiano, Maestro della voce e Musica ribelle. E sono poi la provocazione, l'ironia e il garbo di tre canzoni suonate solo chitarra e voce da Andrea Tich. E Patrizio Fariselli spiegando l'esecuzione live di 0.00 di John Cage ne recita le istruzioni: «In una situazione fornita di massima amplificazione (nessun feedback), esegui un'azione disciplinata». E cosi si siede a un tavolo assieme a suo fratello Stefano inizia una breve partita a scopone scientifico. I microfoni amplificato solo il suono delle carte e quello delle mani. Nessuno fiata e poi scatta l'applauso e quindi con una potente onda musicale si chiude la serata prima con l'esecuzione vibrante di Povera patria di Franco Battiato, poi con quelle telluriche di L'abbattimento dello Zeppelin e Luglio, agosto, settembre nero. La voce ispirata e ipnotica di Claudia Tellini si immerge nel magma delle tastiere e dei fiati suonati dai fratelli Fariselli e il pubblico in piedi ribadisce che la magia della Cramps non si è esaurita in cinquant'anni mentre batte le mani e canta commossa sulle note di The Wind Cries Mary di Jimi Hendrix, perché: «dopo che tutti i fantocci a molla sono nelle loro scatole/e i pagliacci sono tutti andati a letto/puoi sentire la felicità che barcolla giù per la strada».

La magia

di un sogno musicale non si è spenta ancora e risuona per Milano mentre, poco alla volta, gli spettatori lasciano il Teatro Lirico Gaber, sprofondando in quell'oceano di silenzio tanto caro a Franco Battiato e a John Cage.

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