Super Dario sicuro di vincere prima di giocare

Super Dario sicuro di vincere prima di giocare

Roma«Niente paura, ci pensa la vita, mi han detto così...». La voce è di Ligabue. La canzone, sparata ad alto volume, è quella scelta (non a caso) per accompagnare l’uscita del segretario dalla sala dello Spazio Etoile. Asfissiante, visto il caldo insopportabile, con odori umani che si mescolano e un continuo sventolio di ventagli. Già, niente paura, è la speranza, per la sfida congressuale. Dove «vinceremo», assicura Dario Fraceschini ai suoi sostenitori (in prima fila pure Franco Marini, Cesare Damiano, David Sassoli e Umberto Veronesi, presente per «stima», dato che non intende schierarsi) «senza sconfiggere nessuno». Sempre che sia possibile. Ma tant’è. «Vinceremo per far vincere il partito che abbiamo aspettato tutta la vita», conclude il leader democratico, dal palco dell’iniziativa promossa in suo sostegno da Piero Fassino.
Insomma, «non dobbiamo avere paura del congresso, che sarà una prova di maturità», profetizza Franceschini, cosciente però che quelli che separano il Pd dall’assise di ottobre «saranno mesi difficili». Le premesse non sono infatti delle migliori, visto il livello di scontro interno registrato nelle ultime settimane e il temibile duello con Pierluigi Bersani. E se poi ci si mette pure Ignazio Marino, terzo incomodo, a dirsi «sicuro di vincere», tutto si complica. Per dirla alla Anna Finocchiaro, il clima è «da resa dei conti».
In ogni caso, niente paura, purché si volti pagina, facile a dirsi, sul fronte delle alleanze. Nel frattempo, il mea culpa del segretario sul passato c’è, seppur in tono minore rispetto all’intervento, piuttosto lucido di Fassino (strappa gli applausi più convinti), pronto ad attaccare Berlusconi («l’Italia è un Paese a rischio, per colpa di chi la guida»), ma anche a riconoscere che «la destra conserva il suo consenso e il Pdl si consolida sul piano amministrativo, strappandoci gli zoccoli duri di Sassuolo, Prato e Orvieto». Mentre il Pd ora rappresenta «un quarto degli italiani, non più un terzo».
Ad ogni modo, va sciolto il nodo alleanze. «In questi anni abbiamo seguito un percorso sbagliato, che dobbiamo rovesciare - riconosce Franceschini -. Ci siamo caratterizzati con l’antiberlusconismo, ma è mancata la presentazione di un modello di società diverso». Adesso, però, «dobbiamo dire pure qual è il modello di società che abbiamo in mente». Già, ma da proporre insieme a chi, visto che la rincorsa ad alzare i toni, per emulare Antonio Di Pietro, ha fatto perdere consensi proprio a favore dell’Idv? Si guarderà all’Udc? Si vedrà. D’altronde, la ricetta del segretario è di lungo respiro («purtroppo abbiamo tempo per farle») e prevede «alleanze da costruire intorno al Pd, alle proposte, ai contenuti del nostro partito».
Vero, lo dicono tutti. Anche se poi i fatti raccontano una storia diversa.

E pure Massimo D’Alema sa bene che per battere il Cavaliere il Pd da solo non basta. E allora si deve «affrontare il problema» di un’alleanza che sia «solida e sappia governare». Belle parole. Per il momento, dirà magari qualcuno nel centrodestra, niente paura.

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