Una è viennese, l'altra milanese, una è riservata, l'altra vulcanica, una è brava a cogliere il surreale nel quotidiano, l'altra a leggere il mondo in chiave pop: le artiste Birgit Jürgenssen e Cinzia Ruggeri apparentemente sembrano avere poco in comune, ma una mostra alla Fondazione ICA ci dice il contrario. «Lonely Are All Bridges», aperta al pubblico fino al 15 marzo, mette in scena il possibile dialogo tra due creative che mai s'incontrarono in vita pur avendo percorso strade simili nella rappresentazione della condizione femminile attraverso i comuni accessori di moda (scarpe, guanti, ornamenti). Non è la loro unica affinità: entrambe figlie degli anni Quaranta (Jürgenssen è mancata nel 2003, Ruggeri nel 2019), si sono confrontate con l'attivismo femminista degli anni Settanta e Ottanta e, soprattutto, sono sempre state allergiche alle etichette, preferendo muoversi dalla scultura alla fotografia al disegno, senza limitarsi ad un unico campo. Ci voleva l'intuizione di un artista geniale come Maurizio Cattelan e la passione di una curatrice come Marta Papini per ideare questa bi-personale negli spazi industriali di Fondazione ICA, che apre così la programmazione di quest'anno, confermandosi ottima meta del contemporaneo in città. Siamo a pochi passi da Fondazione Prada, in quel quartiere, ex Scalo Porta Romana, diventato particolarmente ricettivo per progetti culturali innovativi: per entrare da ICA si passa dal parcheggio di un gommista, ché lo spazio espositivo è in un interno. L'atmosfera volutamente urbana, i muri non ben imbiancati, i finestroni industriali e un salone ampio, preceduto da quattro stanze più piccole, sono la dimensione perfetta per una mostra come questa che ci spiega la curatrice Marta Papini - «non vuole essere museale, ma suggerire affinità, rimandi, connessioni». Di Birgit Jürgenssen, che a lungo ha insegnato all'Accademia di Belle Arti di Vienna e ha esposto in Europa pur amando poco le luci della ribalta, spicca il gusto per il surreale, la nota sarcastica, il piglio dadaista: lo vediamo fin all'ingresso della mostra, nella copia ingrandita di un suo autoritratto del '77 dove, al posto del classico cappello di pelliccia di moda all'epoca, si ritrae con un topolino da laboratorio in testa. Ironico anche il suo «Housewive's work», un disegno a matita colorata in cui una perfetta donna di casa mette sull'asse da stiro, pronto per essere inamidato, quello che potrebbe essere il marito. Altri suoi disegni punteggiano le sale, ma sono le foto in bianco e nero a colpirci ancor di più: «Untitled (Improvisation)» rielabora con un tocco surreale le comuni scarpe col tacco, scarpe che troviamo, in 60 paia, allineate al pavimento secondo un'idea che aveva avuto Cinzia Ruggeri, milanese che è stata art director e ha firmato progetti editoriali e opere di design e fotografia.
Di Ruggeri, nelle sale più piccole, troviamo anche stivali (come quelli, doppi, a forma di Italia), guanti neri e calzature pop: sua è la grande mano nera in tessuto che saluta i visitatori nella sala principale davanti al grande disegno, un autoritratto con i capelli a forma di serpente, di Jürgenssen, su cui i curatori hanno appeso uno sbarazzino abito verde di Ruggeri. Con il loro sguardo ironico su oggetti domestici, Jürgenssen e Ruggeri dimostrano che la vera emancipazione non può prescindere dalla leggerezza.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.