La Borsa si allontana per Sea. Già si parlava di guadagni ma forse è il caso di rifare i conti. Come lo giri lo giri, il piano Tabacci fa acqua. Infatti se il Comune venderà il 20% della società sarà costretto a scendere sotto il 51% della partecipazione. Quindi perderà la maggioranza assoluta. Oppure dovrà rinunciare alla quotazione a piazza Affari. Delle due l’una: e nessuna delle prospettive pare allettante.
A spiegare i reali scenari che si aprono per Sea con la (s)vendita Tabacci-Gamberale è il presidente della società, Giuseppe Bonomi, ricevuto in commissione a Palazzo Marino. Nessuno finora si era preso la briga di spedirgli una copia, uno staccio di fax, nemmeno una mail con l’offerta formulata dal gruppo F2i e, di fatto, il Comune aveva fatti i conti senza l’oste, oltre che una clamorosa gaffe. Ma ora «l’oste», che evidentemente è l’unico a conoscere tutti i risvolti tecnici di vendite e quotazioni, spiega come stanno le cose: «Con la cessione del 20% del capitale, la partecipazione del Comune scenderebbe al 64,6%». Quindi per mantenere la quota di maggioranza Palazzo Marino dovrebbe correggere la percentuale di azioni da vendere e scendere al 18,4%. Oppure, come ipotizza il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo, (che da sempre è contro la quotazione) «o rinunciamo al collocamento in Borsa o decidiamo di acquistare un 2% delle quote della Provincia per non perdere la maggioranza assoluta. Del resto Pisapia lo ha detto chiaramente: il punto fermo è non scendere sotto il 51%». Acquistare le quote dalla Provincia? Il capogruppo del Pdl Carlo Masseroli salta sulla sedia: «Ma figuriamoci. E con che soldi?». Lui, che insiste sull’avvio di due bandi distinti (uno per Sea e uno per Serravalle), trova nelle parole di Bonomi una conferma a quanto già ipotizzato dal Pdl e trae le sue conclusioni: «O Tabacci ha provato ancora a prendere in giro il Consiglio comunale o non è in grado di fare il suo mestiere. Stimo la sua competenza e quindi temo la presa in giro».
Dopo lo scenario tratteggiato da Bonomi, ci si aspetta che la giunta si prenda un po’ di tempo e che quindi stamattina Pisapia & co. non escano dalla riunione con la delibera sul bando congiunto bell’e pronta, come se nulla fosse. «Altrimenti - incalza Masseroli - saremo costretti a dire che il sindaco è davvero solo chiacchiere». Non sarebbe quindi un problema andare sotto il 51% quanto piuttosto accettare «un’offerta irricevibile come quella di Gamberale». E inoltre, con una società senza più azionista di maggioranza assoluta, anche il valore delle quote sarebbe da ridiscutere.
Dal quadro tracciato dal numero uno di Sea appare evidente che il percorso scelto dal Comune per la quotazione in Borsa e l’intenzione ora maturata di vendere il 20% della società contrastino con la volontà dell’amministrazione e di larga parte dei partiti di maggioranza e di opposizione di mantenere la maggioranza assoluta. Sempre che, come azionista di riferimento, il Comune non decida di rinunciare all’aumento di capitale e al dividendo straordinario messo a bilancio dalla giunta Moratti.
«Grazie al contratto di programma con Enac - ha ragionato Bonomi - Sea potrebbe gestire almeno provvisoriamente il debito anche in assenza dell’aumento di capitale». Lo stesso manager ha del resto assicurato che proprio grazie al contratto con Enac il valore della società è cresciuto del 30%.
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