Non censurate l’informazione in più. Non spegnete l’altra campana. Non lamentatevi se oltre a Santoro e Floris un martedì o un giovedì potrete guardare e ascoltare un giornalista che non la pensa come loro. Non scandalizzatevi del pluralismo. L’idea che il Pdl, con la firma di Alessio Butti, ha depositato in commissione di Vigilanza Rai magari è un po’ macchinosa. La formula non è delle più felici. Ma non è una bestemmia. Il principio che vuole tutelare è sacrosanto.
In Rai i conduttori dei talk show di prima serata non sono neutrali. Hanno idee forti, sono schierati e appartengono tutti alla stessa parrocchia. Nessuno li vuole censurare. Restino lì, con la loro professionalità, le loro ragioni, i sentimenti, gli odii, le battaglie politiche e culturali. Quello che il senatore Butti chiede è di dare spazio anche agli altri. Non si muore di troppe idee e di troppa informazione, soprattutto se i narratori non hanno tutti lo stesso sguardo. Butti invita la Rai a valutare la possibilità di alternare le conduzioni: una settimana un talk show di destra, la settimana dopo quello di sinistra. Non è un obbligo. Non è un diktat. È una sorta di esperimento. È un modo per superare nei palinsesti le posizioni di «rendita di alcuni conduttori».
L’opposizione giudica questa bozza «irricevibile». Non ne vuole neppure discutere. Non dice cerchiamo un’altra strada, o valutiamo un compromesso. È un no sordo su tutta la linea. Come se parlare di pluralismo fosse un tabù. Santoro e Floris devono avere il monopolio politico della prima serata. Per diritto divino o sindacale. Questo silenzio ostinato non è un segno di intelligenza parlamentare. Tanto che perfino Sergio Zavoli, non un simpatizzante berlusconiano, si scandalizza per il muro di gomma. «Il silenziodell’opposizione mi conferma che non si vuole una soluzione condivisa. Ma il tanto meglio tanto peggio non rientra nella mia visione democratica. È uno sgarro al Parlamento. Butti ha dato prova d i grande responsabilità. Non c’è stata risposta. Mi chiedo se questo significa lavorare per la Rai, per il Parlamento, per il servizio pubblico».
Questa bozza non piace? L’opposizione accetti di parlarne e migliorarla. Ma una cosa va detta: è la prima volta che una maggioranza cerca di mettere ordine in una materia molto delicata. Per diciotto anni non si è fatto nulla. Tutti lamentavano la Rai dei partiti, la Rai lottizzata, la Rai appaltata a questo o a quello, ma poi ogni mossa diventava tabù. La Rai non si tocca. È tabù. Non fa comodo metterci le mani. È chiaro che lì, nel servizio pubblico televisivo, ci sono feudi e roccheforti che negli anni sono diventati inespugnabili. All’opposizione questa Rai sta bene. Anzi, è ancora troppo poco di sinistra. L’ostruzionismo in commissione fa capire esattamente questo. Non vogliono voci dissonanti. Non vogliono diversi punti di vista. Considerano mamma Rai cosa loro. Il principio che ispira il progetto di Butti non è però la censura. Non è chiusura, m a apertura. Il pluralismo può diventare risorsa, confronto di idee, e permetterebbe magari anche di dare spazio a qualche volto nuovo.
Sarebbe umiliante per la Rai pensare che al di là di Santoro o Floris ci sia solo un deserto di mediocrità. Se così fosse il problema non sarebbe allora il pluralismo, m a l’esistenza stessa della tv di Stato. A che serve una Rai con due soli talenti? Con due soli fuoriclasse? Chiudiamola. Si fa prima.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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