Tasse e burocrazia: il Tfr in busta paga è già un fallimento

A un anno dal varo del decreto meno dell'1 per cento dei lavoratori ha incassato subito la buonuscita La trappola della stangata fiscale

Tasse e burocrazia: il Tfr in busta paga è già un fallimento

Per Matteo Renzi e i suoi consulenti ne avrebbe approfittato una quota massiccia di lavoratori dipendenti: tra il 40 e il 50 per cento. Lo scopo era quello di mettere subito in circolazione una quantità di denaro inutilizzata, cioè gli accantonamenti per il Tfr, il trattamento di fine rapporto. La buonuscita che si incassa al momento di andare in pensione o che ci si può fare anticipare, in parte, quando si compra, si costruisce o si ristruttura la prima casa, oppure si devono affrontare spese mediche ingenti. La legge di stabilità per il 2015 ha concesso la facoltà di ottenere subito in busta paga la quota mensile spettante, pari alla retribuzione lorda divisa per 13,5.Ieri questa novità, che per ora ha una durata limitata a tre anni e riguarda soltanto i dipendenti di aziende private con meno di 50 dipendenti (circa 7 milioni di lavoratori e un milione di imprese), ha compiuto un anno: il decreto attuativo è entrato in vigore il 3 aprile 2015. Dodici mesi sono più che sufficienti per valutare la bontà di un provvedimento. E le statistiche confermano ciò che era evidente fin da subito e soltanto il premier e il suo ministro dell'Economia non avevano voluto vedere: cioè che il Tfr nella busta paga è una misura destinata al fallimento. Le ultime stime diffuse dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro dicono che meno dell'1 per cento dei dipendenti ha chiesto di incassare subito le somme destinate alla liquidazione. Su un campione di 1.012.740 persone, soltanto 8.420 hanno scelto l'inserimento in busta paga piuttosto che lasciare la somma in azienda, all'Inps o nel fondo pensione scelto. Lo 0,83 per cento.I motivi del flop sono elencati dagli stessi lavoratori. Il 26 per cento non ha nemmeno valutato l'opportunità mentre il 12 per cento del campione analizzato dai consulenti del lavoro preferisce non ridurre la futura pensione. Quest'ultimo è un dato che conferma quanto sia ancora scarsa la sensibilità verso la previdenza integrativa. Viceversa, per il restante 62 per cento degli aventi diritto potenziali il problema è un altro, sempre quello, molto terra terra: le tasse eccessive. La buonuscita di solito è soggetta a tassazione separata, più favorevole, con un'aliquota del 23 per cento fino a 15mila euro, del 27 fino a 28mila e cresce con altri tre scaglioni fino al 43 per cento sull'ammontare eccedente i 75mila euro. Al contrario, in busta paga il trattamento di fine rapporto è considerato parte integrante della retribuzione e dunque viene tassato subito come un reddito normale: subisce quindi l'aliquota ordinaria, è gravato dalle addizionali comunali e regionali sull'Irpef e in aggiunta contribuisce ad accrescere il reddito Isee su cui si calcolano prestazioni sociali e agevolazioni come gli assegni familiari o le esenzioni dai ticket sanitari. L'unica voce su cui esso non incide è il bonus mensile da 80 euro. Guai toccare il talismano di Renzi che gli ha fatto conquistare il 40 per cento dei voti alle elezioni europee.Parallelamente sono invece cresciute le richieste di anticipazione parziale del Tfr: si può chiedere al massimo il 70 per cento della somma maturata con almeno 8 anni di anzianità aziendale. Il vecchio metodo è rimasto in vigore e continua a incontrare il favore dei lavoratori: nei primi 8 mesi del 2015 queste domande hanno fatto segnare un +26,6 per cento. Significa che la gente ha bisogno di liquidità da ottenere senza bussare agli sportelli bancari, ma vuol anche dire che il Tfr in busta paga non è lo strumento adeguato perché troppo penalizzato dalle tasse eccessive. Invece l'anticipo del Tfr consente comunque di monetizzare parte della liquidazione mantenendo il regime fiscale più conveniente. La Uil ha calcolato che un lavoratore con un reddito di 23mila euro annui subirebbe una perdita di circa 330 euro.

Il flop della maldestra trovata renziana è completato dall'utilizzo che è stato fatto del Tfr in busta: il governo era convinto che quei soldi si sarebbero tradotti in un aumento dei consumi, mentre chi li ha chiesti li ha adoperati per saldare vecchi debiti.SFil

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