Tornano al Carcano, secondo la migliore tradizione del teatro di corso di Porta Romana 63, i grandi classici della drammaturgia italiana. Mercoledì 13 gennaio (ore 20.30), infatti, debutterà "I giganti della montagna" di Pirandello, in una coproduzione che vede parte attiva il Teatro degli Incamminati, il Teatro Stabile di Sardegna e lo stesso Carcano. L'opera, diretta e interpretata da Enzo Vetrano e Stefano Randisi, resterà in cartellone nella sala della Crocetta fino a domenica 23 gennaio.
Da diversi anni Enzo Vetrano e Stefano Randisi sono impegnati in un percorso di rilettura di classici del teatro. Nel giugno 2010 è stato loro attribuito il Premio Hystrio - Associazione Nazionale Critici Teatrali 2010 a riconoscimento, in particolare, come recita la motivazione ufficiale, proprio "dell'approfondimento dell'opera pirandelliana. Vetrano e Randisi non sono solo straordinari "restauratori" in grado di far affiorare parole terse e limpide, ma anche interpreti capaci di restituirle al pubblico con potente problematicità e indiscussa bravura".
"I giganti della montagna" ha debuttato a Bari (Teatro Piccinni) nel febbraio 2010. Vetrano e Randisi hanno allestito uno spettacolo di grande chiarezza, che permette al pubblico di comprendere ogni più piccola sfumatura del magico e travolgente capolavoro pirandelliano, uno dei testi più complessi e misteriosi di tutto il teatro del Novecento.
L'arrivo della "Compagnia della Contessa" alla villa dove il Mago Cotrone e i suoi "Scalognati" hanno scelto di vivere per isolarsi dalla "civiltà", è l'incontro fra due universi uguali e contrari. La Compagnia, fedele all'idea di Poesia assoluta, si è ormai ridotta in miseria: nessuno, nel mondo, sembra più disposto ad ascoltare e comprendere. Ma ecco che arrivati alla villa, come in un sogno, ciò che i teatranti cercano strenuamente sembra manifestarsi in quel luogo prodigioso: in un gioco fantastico di apparizioni e trasfigurazioni, di doppi e di identità rubate, la villa e i suoi abitanti evocano e materializzano i personaggi, le scene, le atmosfere de "La favola del figlio cambiato", l'opera che i poveri attori cercano di rappresentare senza più riuscirci. Cotrone invita i suoi ospiti a rimanere, per creare insieme nuovi e favolosi incanti dei quali potranno godere lì dentro, solo per loro, ma la Contessa Ilse non può accettare di chiudersi tra quelle mura. La sua missione è di portare e far vivere la Poesia tra la gente, e decide quindi di affrontare il confronto con la realtà, a costo della sua stessa vita. Il finale dell'opera - mai scritto - fu sognato e raccontato da Pirandello al figlio Stefano dopo una notte molto agitata, e vede soccombere Ilse nel suo estremo sacrificio.
"Nel nostro allestimento - spiegano Vetrano e Randisi - il personaggio di Ilse, che incarna l'idea di purezza e necessità del Teatro, ha un volto che continuamente si sdoppia. Sparisce e riappare inaspettatamente, cambia timbro e intonazione della voce. E' forse Cotrone, detto il Mago - che ha conoscenza e pratica di virtù esoteriche - a ispirarne l'umore, a governare il suo essere, a decidere il suo apparire? E' lui che evoca il suo doppio e la fa rispecchiare in se stessa? O è la forza della nostra immaginazione? Ilse è il Teatro. Deve vivere tra la gente, rischiare, offrirsi, inerme e vulnerabile, anche a un pubblico che forse non capirà il suo messaggio e che - come accade alla fine di questa storia - in un furore di violenza e di ignoranza, la annienterà.
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