Il futuro è verde, anzi green. Mobilità, energia, alimentazione, ma non solo. Anche il mondo del teatro deve adeguarsi agli europarametri in tema di sostenibilità ambientale. Per un’arte a impatto zero, o quasi. Chiara Demelio - docente in Scenotecnica all’Accademia di Belle Arti di Brera, esperta delle nuove frontiere dell’eco compatibilità applicata al teatro, che presenta il 27 marzo al convegno “SET CLOSING: il mondo dello spettacolo tra sperimentazione, innovazione e coscienza ecologica” - ci ha spiegato come si supera il rischio greenwashing e perché “la vera sfida” di domani parte anche da un teatro più green.
Probabilmente pochi sanno che le disposizioni europee in materia green impattano anche sul mondo del teatro. Di cosa parliamo in concreto?
“Visto che il mondo dello spettacolo si basa sulle sofisticate tecnologie dell’illuminazione scenica contemporanea, la materia in questione tocca il teatro in maniera trasversale: luci, impianti, proiettori e fari, sia per il teatro che per le compagnie teatrali, sono i principali alleati di tutti quei professionisti che che si occupano della realizzazione di scenografie ambientali e dell’illuminazione di palcoscenici”.
Quali sono le ultime frontiere della sperimentazione in ambito teatrale per rispettare i requisiti richiesti da Bruxelles?
“In buona sostanza, si parla di efficient & smart lighting, ossia di una illuminazione efficiente che attraverso l’impiego dei LED garantisca un minor consumo di energia a parità di prestazioni e un’illuminazione smart che, grazie a soluzioni hardware e software, monitori l’impiego delle sorgenti luminose, massimizzandone l’efficacia, oltre che l’efficienza energetica. E il convegno “SET CLOSING: il mondo dello spettacolo tra sperimentazione, innovazione e coscienza ecologica” - che verrà presentato al pubblico il 27 marzo nella prestigiosa sede della Sala Napoleonica dell’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano - costituisce proprio l’esito di queste ricerche, mettendo in sinergia docenti e specialisti del settore per approfondire se e come i regolamenti dell’Ue in materia di risparmio energetico e progettazione ecocompatibile riguardino il campo dello spettacolo”.
Però, alcuni potrebbero pensare che si tratti dell’ennesima operazione di greenwashing dettata dalle disposizioni europee, ma priva di un impatto reale. Perché non è così?
“Perché le dinamiche della progettazione artistica teatrale, i processi produttivi, l’organizzazione del lavoro e le innovazioni tecnologiche sono cambiate. Infatti, a seguito delle varie ondate pandemiche sono conseguite delle nuove misure di sicurezza che, insieme a blocchi e tagli di finanziamenti pubblici, hanno contribuito a penalizzare il settore spettacolo. Per progettare la ripartenza, sono stati chiusi grandi magazzini di scenografia e si è iniziato a considerare come riutilizzare materiali già disponibili, risparmiando su forniture e smaltimento. In linea con la buona pratica della green economy, ecco che anche i grandi teatri iniziano ad applicare alcuni processi virtuosi di riciclo, rielaborazione, trasformazione e ricollocamento dei materiali per creare nuovi allestimenti scenici, mettendo in relazione arte ed ecologia”.
Va bene l’eco sostenibilità, ma non è che così a rimetterci sarà l’effetto artistico?
“Recentemente, apportando qualche accorgimento e senza rinunciare all’effetto scenografico, ho modificato alcuni dei miei progetti di light design per allinearmi alle nuove normative europee. Non si tratta di rimetterci, ma di approfittare delle nuove tecnologie. Certo, ha ragione a parlare di greenwashing, perché con questo pretesto molte aziende si stanno rifacendo il look. Ora, quel che vedo in giro a Milano, tra gallerie, teatri, vetrine, ristoranti e musei di design, è il prolificare di vari linguaggi artisti inneggianti la natura, ma che niente hanno a che fare con l’eco sostenibilità: semplicemente piacciono e vengono richiesti ed acquistati da istituzioni museali e da privati. Il punto è che il mercato lo fanno gli acquirenti che, evidentemente, non si pongono troppo il problema dell’eco sostenibilità e che un cactus, non importa se è seriale e fatto in resina, o complementi di arredo in stile jungle non se li fanno mancare. Credo che se questa nuova filosofia dell’abitare, basata su immagini di foreste incontaminate, animali selvaggi e stampe tropicali, trovasse coerenza anche con una scelta di vita ecosostenibile sarebbe ottimale”.
Qual è la vera sfida allora?
“Arte e natura sono da sempre in connessione, perché da sempre la natura è fonte di ispirazione. Ma ora la vera sfida è che il fare arte coincida con la salvaguardia del pianeta e l’edificazione dello spirito, prendendo le distanze dall’autoreferenzialità del pensiero post moderno, e rilanciando proprio le basi della ’vecchia arte’ basata sul bad - bluff - trash, che tanto ha entusiasmato la critica del ‘900, con i concetti di bellezza e salubrità dell’anima. L’effetto artistico ne gioverà e sicuramente ne gioveranno anche fruitori e appassionati d’arte”.
Il futuro dell’innovazione green applicata al teatro: tra dieci anni cosa vedremo?
“Non mi stupirei se venissero rimesse in funzione macchine scenotecniche manovrate manualmente, come quelle che Leonardo Da Vinci ideò per “La festa del Paradiso”, e “mirabolanti ingegni”, come il Vasari nominava i congegni che il Brunelleschi creò per la rappresentazione dell’Annunciazione a Maria. Del resto il teatro è sempre esistito parallelamente alla storia dell’umanità e noi, ora, non possiamo prescindere dalla strana idea che un domani l’energia elettrica di cui oggi disponiamo non ci sarà. E che la luce a teatro si otterrà, come in passato, con torce, lampade e candele”.
L’arte ha il potere di anticipare i tempi. In che modo può essere il motore di una coscienza ecologica in chiave non
ideologica ma concreta?
“La vera coscienza ecologica alla quale mi piace ispirarmi è quella degli uomini illuminati che ci hanno preceduto.
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