La Compagnia franco-catalana Baro d'evel, diretta da Camille Decourtye e Blai Mateu Trias, provenienti, entrambi, da scuole nazionali di circo, è stata ospite, più volte, a Roma Teatro Festival, dove spettacoli come: «La», «Mazut», «Qui Som», son stati accolti con entusiasmo, per una loro particolare idea di teatro totale, sempre in cerca di nuovi codici espressivi, capaci di coniugare il Teatro circo col Circo teatro, le pratiche circensi col Teatro festa. Accanto ai due ideatori e direttori, si muove una schiera di musicisti, danzatori, acrobati, cantanti, clown attenti a ricercare, non la perfezione del gesto tecnico, quanto quella del gesto poetico, assorbendolo in una dimensione onirico-fantastica, con incursioni nel mondo della favola e delle clownerie, con l'intento di far convivere la dimensione sociologica con quella ludica e della festa, alla ricerca di un teatro per tutti.
Da oggi (ore 20,30) al 4 gennaio, Baro d'evel è presente, al Teatro Strehler, con «Falaise, spettacolo in bianco e nero, per otto umani, un cavallo e due piccioni», una favola poetica, in una performance sorprendente, alla scoperta di una diversa complicità tra esseri umani ed animali. La scelta si inserisce nella formula, inventata da Claudio Longhi: «Oltre la scena», attenta a nuove forme di spettacolo che garantiscano una vitalità scenica, al di là della scena stessa, per poter osservare la complessità del nostro tempo con occhi diversi e per offrire, alla cultura contempranea, forme espressive, non solo con tendenze che portano all'angoscia, alla frustazione, alla depressione, ma anche alla gioia di vivere. Il modo di fare teatro della Compagnia franco-catalana, rimanda al modello del Cirque du Soleil, la formazione, nata a Montreal, nota per i suoi spettacoli circensi, alquanto sofisticati, a cui si è ispirata anche quella italiana di Le Cirque Top Performer, creata su iniziativa dll'imprenditore
Giampiero Garelli, che vanta oltre settanta artisti, provenienti da tutto il mondo e che valorizza le arti circensi. La Compagnia Baro d'evel ha un approccio diverso col teatro festa, il suo è un tipo di teatro gestuale che fa, del corpo, l'espressione portante, nel senso che gli attori sono, contemporaneamente, creatori di «numeri» difficilissimi, nati dopo un intenso lavoro nelle palestre e nei laboratori, tanto che la loro preparazione non è differente da quella degli attori di Grotowski e Barba, pur con finalità diverse. Qualcuno ha persino fatto degli accostamenti a Kantor e Pina Bausch, come a sottolinearne la internazionalità. Il termine «Falaise» rimanda a «falesia», una roccia che si trova in cima alle scogliere, dalle quale è possibile osservare quanto sta sotto, ovvero l'abisso che circonda il mondo. Ecco perché accennavo a un approccio sociologico della Compagnia, oltre che artistico, espresso col linguaggio del teatro, in un gioco continuo tra attrazione e repulsione, evidenziato dal bianco e nero, a dimostrazione di come tutto si muova e tutto si rinnova.
Pur facendo uso di un teatro che mette in discussione le nostre certezze, i due ideatori e registi utilizzano un palcoscenico nudo per creare uno spettacolo, oltre che ricco artisticamente, visivamente sorprendente, sempre in cerca di un'arte totale, portatrice di emozioni, di incantesimi, grazie all'uso della performance, capace
di riunire discipline diverse che mirano alla meraviglia, al sogno, alla festa, intesa come sacralità laica, non concettuale, perché, spesso, ironica e caricaturale, come insegnano le clownerie presenti nello spettacolo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.