Chiamate moleste: cosa rischiano i call center

Il giudice ha riconosciuto il reato di “molestia o disturbo delle persone”, condannando a un’ammenda la proprietaria e l’amministratrice unica del call center

Chiamate moleste: cosa rischiano i call center

La vicenda è iniziata nel 2017 a Lastra a Signa (Firenze) laddove un uomo è stato oggetto di continue telefonate da parte di un call center. L’uomo ha raccontato che, rispondendo, non si udiva niente. Il silenzio totale. La medesima cosa succedeva quando a rispondere era la sua compagna. Un modus operandi sempre identico, ripetuto anche 2-3 volte al giorno. La coppia, che si è detta anche spaventata dall’elevato numero di telefonate e dagli iterati silenzi dall’altro capo del filo, ha deciso di sporgere denuncia e il 6 agosto è arrivata la sentenza. Il giudice onorario Francesco Coletta ha accolto le lamentele della coppia condannando sia la proprietaria sia l’amministratrice unica del call center.

La condanna del call center

Il cittadino riceverà un risarcimento di 2mila euro e il call center di Catanzaro, rappresentato dalla proprietaria e dall’amministratrice, ha ricevuto una multa per il reato di “molestia o disturbo delle persone” pari a 300 euro per ognuna delle donne. Poca cosa, certo, ma questa sentenza può essere citata come riferimento dai cittadini che volessero intraprendere azioni simili.

Il tribunale di Firenze ha tenuto conto soprattutto della serialità delle telefonate, dal 14 marzo al 21 marzo del 2017 ne sono state fatte fino a 3 al giorno tutti i giorni. Un numero tale, secondo il giudice, che permette di escludere si sia trattato di un errore e che riconduce a un modo fastidioso di raggiungere le persone per finalità commerciali, anche soltanto per verificare che l’utenza telefonica sia reale e attiva. A tutti è capitato di ricevere telefonate che l’interlocutore – spesso un software – chiudeva non appena ricevuta risposta. Si tratta spesso di “telefonate di ricognizione” fatte per stilare elenchi di numeri di utenza fissa che sono ancora attivi e ai quali qualcuno ha risposto.

Non è la prima volta che un call center finisce a processo e non è la prima volta che viene condannato. Per lo più, però, si è trattato di procedimenti – alcuni dei quali arrivati in Cassazione – relativi alle condizioni di chi per i call center ci lavora.

Le chiamate da numeri inesistenti

La coppia di Lastra a Signa ha anche raccontato di avere provato a richiamare i numeri da cui ricevevano telefonate, senza però avere successo. Questo accade perché molti call center utilizzano software che generano numeri di telefono non realmente esistenti. Lo fanno per aggirare i blocchi che le persone attivano, ogni smartphone permette di inserire un numero di telefono nell’elenco di quelli indesiderati.

A partire dal 2018 i call center devono telefonare con numeri che siano riconoscibili e che possano ricevere telefonate. Una norma di difficile monitoraggio perché, risalendo agli operatori che ne non rispettano queste norme, si arriva all’estero e, non di meno, molto spesso al di fuori dell’Ue.

A maggio del 2022 l’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha riaperto un tavolo con gli operatori telefonici per cercare di arginare il problema la cui soluzione è tutt’altro che facile. L’obiettivo non è quello di ridurlo a zero, ma di ridimensionarlo il più possibile. I lavori erano iniziati già prima della pandemia salvo poi entrare in un’ovvia fase di stallo da cui, appunto, si è usciti indicendo nuovamente il tavolo di discussione.

Il registro delle opposizioni

Dallo scorso 27 luglio è attivo il registro delle opposizioni, servizio gratuito mediante il quale ognuno può chiedere che i propri numeri di telefono mobili e fissi vengano esclusi dalle attività commerciali e di marketing.

Non è ancora chiaro quanto questo nuovo registro sia più efficace di quello varato nel 2011 e che ha dato frutti soltanto in modo relativo.

Nel frattempo però, ovvero dal 2018, è entrato in vigore il General data protection regulation (Gdpr), il pacchetto di norme che sancisce un più alto livello dei principi della privacy e della proprietà dei dati delle persone e che il garante per la Privacy italiano ha preso molto seriamente.

Il fatto che le violazioni al nuovo registro delle opposizioni possano costare fino a 20 milioni a chi le perpetra, è certamente un buon deterrente che potrebbe non fare scomparire il fenomeno ma che sarà utile a contenerlo in modo più che sensibile.

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