Facebook ti spia, anche se hai bloccato il tracciamento

Nuova polemica sulla privacy dei dispositivi mobili: Facebook e altre app avrebbero trovato il modo di aggirare le rigide regole di Apple

Facebook ti spia, anche se hai bloccato il tracciamento

La privacy sui dispositivi mobili è oggetto di costanti aggiornamenti e minacce. Molte sono le app che tentano di approfittare dei dati personali, nonostante il rifiuto esplicito da parte degli utenti. Non ultima Facebook, società che pare aver trovato un espediente per superare le limitazioni di iPhone e iPad.

Nei mesi scorsi, l'arrivo del sistema ATT di Apple ha fatto pensare che la protezione dei dati personali degli utenti potesse essere finalmente garantita. L'idea era quella di uno stop totale al tracciamento delle proprie attività da parte delle varie applicazioni, su scelta dell'utente. Vero a metà appare ora, dopo che sono emerse alcune indicazioni di carattere opposto pubblicate dal Financial Times.

Facebook, Snapchat e probabilmente anche altre app continuano a raccogliere, e tendenzialmente a rivendere ai propri partner commerciali, diverse informazioni ottenute dai dispositivi degli utenti. Anche sugli iPhone per coloro che hanno negato il consenso al tracciamento degli smartphone.

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Fatta la legge, trovato l'inganno. Questo verrebbe da dire guardando alla questione Facebook e Snapchat. In sostanza le app avrebbero approfittato di un elemento "vago" all'interno della privacy policy di Apple. Esprimere il proprio diniego al tracciamento varebbe in sostanza soltanto sui dati raccolti in forma "identificativa". Sarebbe quindi possibile prelevare le informazioni in forma anonima, non legandole perciò al profilo specifico dell'utente.

Alle società di marketing verrebbero quindi venduti non i dati relativi al singolo utente, ma appartenenti a gruppi di utenti. Di conseguenza il pacchetto di informazioni verrà usato per studiare strategie pubblicitarie per questo target allargato. Snapchat ha dichiarato di essere pronta a vendere i dati anonimi di circa 300 milioni di utenti.

Un altro colpo alla privacy degli utenti, dopo che a ottobre il Trinity College di Dublino ha sottolineato che Android continui a spiare le attività dei dispositivi anche di fronte a un chiaro dissenso.

Il problema in quel caso sembra siano le app di sistema e quelle più diffuse anche in ambito lavorativo, che scambierebbero diverse informazioni con le aziende a cui sono legate. Un esempio è l'app di LinkedIn, che sembra invii costantemente dati a Microsoft.

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