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Gli utenti di iPhone sono stati segretamente tracciati? L'accusa a Meta

L’accusa avrebbe prove delle attività di tracciamento a danno degli utenti iPhone. Se così fosse, si tratterebbe di un’incursione nella privacy senza precedenti

Gli utenti di iPhone sono stati segretamente tracciati? L'accusa a Meta

Meta Platforms Inc., il gruppo che fa da cappello a Facebook, Instagram e a WhatsApp, non è nuovo alle citazioni in giudizio. Tuttavia la causa presentata il 22 settembre in un tribunale federale di San Francisco rappresenta un passo avanti nel dimostrare quanto le aziende della Silicon Valley, in questo caso Meta tramite le app di Facebook e Instagram, siano in grado di violare le più elementari regole sulla privacy.

Secondo l’accusa, infatti, Facebook e Instagram sarebbero in grado di monitorare gli utenti che usano un iPhone, facendone anche incetta di dati. Il fatto che si parli di utenti Apple è rilevante in questo contesto perché, con iOS 14, Cupertino ha introdotto misure che rendono più difficile il tracciamento e la profilazione commerciale di chi ne fa uso. Può sembrare un fenomeno marginale ma questa stretta di vite sulla privacy, insieme alla passione del Ceo di Meta, Mark Zuckerberg, per il metaverso e per la realtà virtuale, è concausa del crollo delle azioni di Facebook.

L’accusa

Il ricercatore Felix Krause ha pubblicato un’analisi che dimostrerebbe come, cliccando su un qualsiasi link all’interno dell’app Facebook, la navigazione viene rediretta attraverso un “browser integrato” nell’applicazione medesima e non attraverso il browser che l’utente ha impostato come predefinito. Questo browser alternativo permetterebbe a Meta di intercettare, monitorare e registrate tutte le informazioni che ritiene essere utili ai propri scopi e, sostiene l’accusa, tra queste potrebbero esserci anche dati particolarmente sensibili. Tutto ciò senza che gli utenti ne siano informati.

Si parla di “browser alternativo” per rendere più fluido il concetto di WKWebView, una funzione nativa introdotta con iOS 8 che permette la visualizzazione di un contenuto web senza aprire un browser vero e proprio.

La denuncia depositata vuole aprire una class action facendo leva sul fatto che Meta violerebbe lo statuto federale sulle intercettazioni (California Invasion of Privacy Act) e la legge sulla concorrenza poiché, sostiene l’accusa, in questo modo Meta avrebbe un ritorno diretto sui profitti e riuscirebbe a smarcarsi dalla concorrenza.

I rischi

Le funzionalità del “browser alternativo” sono già state oggetto di critiche da parte di Thomas Steiner, ricercatore di Google, che sostiene da anni la relativa facilità con cui queste permettono l’iniezione di codice malevolo. Si tratta soltanto di rischi e non di certezze, c’è tuttavia una fragilità di fondo che può mettere in discussione – anche soltanto in linea teorica – tutti gli sforzi fatti per garantire agli utenti una maggiore privacy.

Anche Krause, nella sua analisi, si appella soprattutto alla potenzialità di un abuso, più che a un abuso effettivamente perpetrato anche se, esaminando il codice usato da Meta, avrebbe identificato delle funzioni utili alla raccolta di dati. Un conto però è una raccolta di dati all’interno dell’applicazione (in questo caso le App Facebook e Instagram), altro paio di maniche è l’uso che viene eventualmente fatto di questi dati.

La posizione di Meta

A Menlo Park hanno preso posizione già diversi giorni prima che la causa fosse depositata, sostenendo che il codice creato aggrega i dati che raccoglie prima che questi possano essere utilizzati a scopi pubblicitari o di monitoraggio. In altre parole, benché Meta abbia ammesso di raccogliere dati, sostiene anche che ciò viene fatto in modo che non possano essere utilizzati.

Come spiega il direttore delle comunicazioni di Meta, Andy Stone, il codice usato da Meta rispetterebbe gli standard dell’App Tracking Transparency (Att) di Apple, congeniato anche per bloccare la bulimia di dati da parte dei giganti del Web.

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