Tempi biblici per un ecodoppler in ospedale

Tempi biblici per un ecodoppler in ospedale

Quando si parla di garanzia nelle politiche della salute, si ribadisce l’importanza del diritto di cura per tutti i cittadini. Un ritornello che troppe volte è stato ripetuto dalle istituzioni regionali senza che però desse seguito a impegni concreti.
Il riferimento più immediato è quello alle liste d’attesa per l’accesso alle prestazioni sanitarie che attraverso le rilevazioni dell’associazione Cittadinanzattiva - Tribunale del malato riporta una classifica senza precedenti. Tempi scanditi al ritmo di una tartaruga. Ben 558 giorni - 1 anno e 4 mesi circa - all’ospedale San Filippo Neri per garantire un ecocolordoppler dei vasi sovraortici, 206 giorni al Santo Spirito - quasi 7 mesi-, 327 giorni al Pertini, 231 al Grassi di Ostia.
Non va certamente meglio se un qualunque cittadino ha bisogno di fare un’ecografia all’addome: 231 giorni al Pertini, 319 al San Camillo e comunque sempre nell’ordine di un lasso di tempo che va dai 120 giorni in alcuni presidi sanitari romani fino ai 358 giorni - un anno in pratica - al Policlinico di Tor Vergata.
Non riesce a cavarsela più in fretta chi, per esempio, deve sottoporsi a risonanza magnetica. In questo caso si arriva fino a 300 giorni e più. Per la tac i tempi sono altrettanto lunghi: si superano comunque i 100 giorni quasi ovunque per una scansione al cranio o total body.
Il dossier però riporta anche elementi più disarmanti: qua e là si incontra per qualche visita specialistica o qualche esame diagnostico la dicitura «nessuna disponibilità». Vale a dire che le agende degli appuntamenti sono chiuse: le liste di attesa avrebbero superato oltre misura la decenza per cui si preferisce far telefonare il paziente un mese o due più tardi e garantirgli la prestazione. Ma che di che tipo di garanzia si tratta? «La prestazione è erogata ma in quel momento non è possibile prenotarla. In sostanza - spiega il segretario regionale dell’associazione, Giuseppe Scaramuzza - stiamo parlando di “liste bloccate” nonostante ci sia un preciso riferimento normativo dettato dalla legge 266 del 2005 che lo vieta. Ormai, come constatato, sono molte le aziende che non mettono a disposizione le proprie agende per consentire ai cittadini di prenotare una qualsiasi prestazione».
«Inoltre, il presidente Marrazzo da due anni annuncia l’introduzione nel sistema di prenotazione regionale degli ospedali accreditati e classificati (Policlinico Gemelli, Fatebenefratelli) ma ad oggi - prosegue Scaramuzza - non è dato sapere quando questo passaggio avverrà».
È scontato che con questi pronostici il comportamento del paziente può essere solo che arrendevole. Se, chi deve sottoporsi a una diagnosi, se lo può permettere intraprende, per ovvi motivi, la via breve: si rivolge al privato o sceglie di prenotare la stessa visita presso la medesima struttura ma in regime di intramoenia. Qualche esempio? Una visita oculistica presso l’ospedale oftalmico impegna 5 mesi di attesa circa, in ambulatorio pomeridiano con l’intramoenia e 99 euro si aspetta al massimo 5 giorni.
Altro giro, altra corsa. Al San Giovanni per una visita neurologica l’attesa è di 120 giorni in media, con l’intramoenia una settimana.

C’è una spiegazione ragionevole all’incongruenza? «Abbiamo il sospetto che mentre da una parte si dice che tutto si può prenotare tramite Recup (centro di prenotazione telefonico regionale) eliminando di fatto le prenotazioni attraverso i centri aziendali, dall’altra si riduce drasticamente l’offerta. Chiediamo - conclude Scaramuzza - di rendere pubbliche le percentuali di prestazioni che ciascuna azienda mette a disposizione del sistema Recup».

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