Con tutta probabilità Filippo Tommaso Marinetti non avrebbe immaginato, nell'ottantesimo anniversario della sua scomparsa, che la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea dedicasse una mostra alla sua creatura, il Futurismo. Eppure, lui che scrisse nel celebre manifesto «noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie», avrebbe apprezzato (con il beneficio del dubbio) ll tempo del futurismo, la mostra che si apre oggi a Roma.Da straordinario uomo di comunicazione quale era, oltre che artista, pensare che a più di cento anni dalla pubblicazione del suo manifesto, il Futurismo non solo gli sia sopravvissuto ma continui a rappresentare un movimento culturale di straordinaria attualità e vivacità, non potrebbe che renderlo orgoglioso.
Quattromila metri quadri, ventisei sale con mezzo museo dedicato alla mostra, trecentocinquanta tra quadri, sculture e opere (di cui buona parte proveniente dal Gnam come ricorda la direttrice Renata Cristina Mazzantini). Numeri importanti. In esposizione ci sono chicche assolute come la Lanterna ad arco di Giacomo Balla (la cui casa verrà per l'occasione riaperta al pubblico) presa in prestito dal Moma di New York o un esemplare a grandezza naturale dell'idrovolante Macchi-Castoldi MC-72 con cui nel 1934 il pilota Francesco Agello raggiunse il record mondiale di velocità per idrocorsa con motore a pistoni. E ancora, nella sala dell'aeropittura, le opere di Gerardo Dottori, Mario Monachesi, il quadro di Tato Sorvolando in spirale il Colosseo. Dopo l'installazione Futurpioggia realizzata da Lorenzo Marini, la mostra si snoda in un percorso che va dagli anni precedenti il Futurismo con le opere di Balla fino alla sua eredità «fra evento arte totale e poesia visiva». Nel mezzo le opere di Umberto Boccioni, Gino Severini, dello stesso Filippo Tommaso Marinetti, in un percorso tra arte e scienza che è un dialogo tra passato, presente e futuro anche grazie alle installazioni multimediali.
Promossa e sostenuta dal Ministero della Cultura con la curatela di Gabriele Simongini, Il tempo del futurismo è stata inaugurata ieri dopo varie vicissitudini che non hanno però scalfito il valore dell'esposizione come ricorda il Ministro della Cultura Alessandro Giuli che apre il suo intervento alla conferenza di presentazione alla stampa con una battuta: «Questa volta non si può dire che non ci abbiate visto arrivare. Siamo stati preceduti da un po' di sana rissa in galleria».
Dopo aver ricordato il contributo del suo predecessore Gennaro Sangiuliano, il Ministro ha elogiato il curatore Simongini: «dubito si potesse fare di meglio» precisando «ogni ulteriore opera avrebbe determinato sovrabbondanza, emerge la capacità di Simongini di curare ogni aspetto» per poi concludere: «stiamo una inaugurando grande festa della rivoluzione. Una Rivoluzione futurista contemporanea».
È proprio Simongini a spiegare il senso della mostra: «Il titolo non va sottovalutato è una mostra su un'epoca e sui cambiamenti derivanti da quel periodo» in un ideale
collegamento con le innovazioni dei nostri giorni a cominciare dall'intelligenza artificiale, il presidente della Commissione cultura alla Camera Federico Mollicone si sofferma invece sulla «portata innovativa del futurismo».
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