È sintomatico come ci sia un'uniformità così diffusa: la stampa internazionale lo esalta, i "colleghi di lavoro" lo applaudono e gli rendono il giusto tributo con i mezzi di comunicazione più utilizzati del nuovo millennio (i social), l'Italia intera si ferma e si sveglia di notte oppure trascorrere mezza domenica per osservarlo, applaudirlo e sognare con lui. Jannik Sinner ha l'innata capacità di far sognare intere generazioni semplicemente con il suo modo di fare, la sua compostezza, il lavoro e la fatica ma anche il rispetto per gli avversari e quel che si fa sempre di meno (almeno in pubblico), il ringraziamento ai suoi genitori per avergli dato carta bianca nel diventare quel che è oggi. Un campione.
Dallo sci al tennis
E sì, perché Jannik Sinner da piccolo voleva diventare un campione di sci. Come dargli torto visto che proviene da San Candido, splendida località a oltre mille metri d'altitudine sulle Dolomiti dove per svariati mesi dell'anno c'è la neve e le montagne dominano il paesaggio. Ma lui, gli sci, li ha utilizzati come hobby dopo essersi affezionato subito alla racchetta anche se, dopo la prima gara e la prima sconfitta, chiese ai genitori cosa dovesse fare visto il suo scoramento. "Fai quello che ti senti - gli dissero - ma tieni conto che è soltanto una partita di tennis". Ecco, le parole positive dei genitori sereni che lo hanno implicitamente incoraggiato a seguire quella strada, a non arrendersi per aver perso una partita a 14 anni o forse meno. Da quel momento è iniziata la carriera di Sinner con una scalata arrivata a farlo diventare l'attuale numero 4 del mondo, a riportare la Davis in Italia che mancava dal 1976, far vincere uno Slam (nel maschile) che mancava guardacaso sempre dal 1976 e vincere per la prima volta lo Slam in Australia. I più giovani utilizzerebbero la tanto inflazionata domanda inglese "What else?", cos'altro ancora per dimostrare di essere un grande?
Il sogno di Sinner e degli italiani
Beh, di altro ce n'è e ce ne sarà per tanti anni ed è in questo Sinner che gran parte d'Italia si riconosce. Il sogno di un bambino con i capelli rossi che da piccolo disse innocentemente "sogno di diventare il numero uno al mondo": già c'è andato vicino visto che è il numero 4, per la prima posizione è soltanto una questione matematica stabilita dai regolamenti Atp ma è già "virtualmente "il numero uno al mondo dopo aver battuto il numero uno dei punteggi Atp, Novak Djokovic, tre volte nel giro di due mesi e aver vinto almeno una volta con chi lo precede in classifica (Alcaraz e Medvedev). L'umiltà del 22enne è nelle brevi interviste rilasciate in Rai dall'Australia: prima il "buongiorno" agli italiani dopo aver annullato il serbo, poi la consapevolezza che adesso gli avversari lo conoscono e lui è chiamato a fare tanto e nuovo lavoro per andare avanti al meglio.
Perché piace a tutti
Sarebbe facile dire che piace a tutti soltanto perché rappresenta la novità, il nuovo che avanza: Jannik Sinner piace perché è umile, zero spocchia, in campo non fa il fenomeno da baraccone come altri colleghi che si lasciano andare a sceneggiate ma fa il fenomeno con il suo tennis concedendosi, al massimo, il "pugnetto" sempre indirizzato al suo team quando porta a casa punti importanti. È composto e misurato a caldo e a "freddo" nelle interviste, la sua vita privata non è spiattellata a mezzo social come ormai è prassi consolidata nel mondo sportivo e piace perché è davvero l'incarnazione della parte bella del nostro Paese che ancora esiste ma aveva bisogno di "tornare in vita" con qualcuno degno di rappresentarla. Quel qualcuno è Jannik. "Siamo tutti Sinner perché questo ragazzo ha una capacità unica: farci sognare. Jannik è allo stesso tempo un idolo sportivo ma anche il giovane della porta accanto che ti piacerebbe avere come amico, figlio o fratello", ha spiegato al Giornale il noto sociologo Raffaele Morelli.
Un altro grande del tennis, Nicola Pietrangeli, lo ha detto alla Rai dopo il trionfo: Sinner, ormai soprannominato "Volpe" e "Barone Rosso" per il colore dei suoi capelli, deve rimanere con il
carattere che ha e farà strada. "Tutto lì, per il resto gioca benissimo", ha sottolineato. I suoi 11 trofei Atp vinti a soli 22 anni danno la dimostrazione del carattere di questo ragazzo ormai diventato un uomo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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