Un terremoto ogni 36mila anni. Sui Colli Albani lo aspettano ora

Ariccia, Nemi, Valle Marciana, Albano: il terreno si alza di qualche millimetro ogni 12 mesi, è il magma che si accumula

Un terremoto ogni 36mila anni. Sui Colli Albani lo aspettano ora

Ariccia, Nemi, Valle Marciana, Albano. È qui che il terreno si sta alzando di un paio di millimetri all'anno. Gli studiosi ritengono che il fenomeno possa essere dovuto all'accumulo di magma nelle profondità della terra. Di cosa si tratta? Di un'area geografica che, di solito, parlando di vulcani, non viene presa in considerazione. Si discute, infatti, di Etna, che ha ripreso a brontolare pochi giorni fa; Vesuvio, che tace dal 1944; e Stromboli, con un'attività esplosiva che, di tanto in tanto, torna a farsi sentire; ma non di un complesso di coni vulcanici situato a pochi chilometri da Roma. Eppure qualcosa di strano sta succedendo a sud-est della capitale, in corrispondenza dei Colli Albani, distretto vulcanico che ha emesso lava l'ultima volta 36mila anni fa. Una data che, associata ai rigonfiamenti dei terreni limitrofi, induce gli scienziati a interrogarsi su un'attività geologica che, pur non destando preoccupazione (imminente), sollecita una vaga inquietudine. Perché gli studi effettuati da un secolo a questa parte hanno permesso di evidenziare un ciclo eruttivo periodico e preciso: ogni 36mila anni, circa, il vulcano ricomincia a farsi sentire. Una storia che prosegue ininterrottamente da 600mila anni. E che induce, appunto, i geologi a credere che ci sarà presto o tardi una nuova eruzione. Quando? Impossibile dirlo, ma parrebbe inevitabile.

Le più antiche eruzioni nella zona risalgono a quasi un milione di anni fa; ma il motore magmatico dei Colli Albani si è ufficialmente acceso 600mila anni fa, con la cosiddetta fase del Tuscolano-Artemisio. Domina la cultura acheuleana, con reperti provenienti da Amiens, in Francia, che attestano la presenza dell'Homo heidelbergensis, antenato dell'Uomo di Neanderthal. Le eruzioni proiettano in aria quantità enormi di materiale piroclastico, che si accumula dove nel 753 a.C. nascerà la città eterna. Sono tufi e pozzolane di cui i romani si serviranno per costruire le loro dimore. Ogni 30-45mila anni tutto tace, per poi riprendere come se nulla fosse successo. Passano altri 57mila anni e si entra nella fase delle Faete. Va da 400mila a 200mila anni fa. I vulcani laziali sputano cenere e lapilli, imitando l'esplosività dello Stromboli.

Cambiano i connotati del paesaggio. Si alternano periodi glaciali e interglaciali. I ghiacci dell'emisfero boreale arrivano a coprire mezza Europa: al posto delle future Berlino e Amsterdam ci sono centinaia di metri di ghiaccio. Scompare l'Homo erectus e si affermano i neandertaliani. Ma l'Europa del sud è in controtendenza e al gelo del settentrione risponde con temperature incandescenti. Una colata di lava arriva dove sorgeranno i confini di Roma e il cammino dell'Appia, che verrà costruita proprio sul tracciato disegnato dal magma. 200mila anni fa inizia a sputare fuoco il cratere di Ariccia; poi entrano in azione quello di Nemi (150mila anni fa), al centro dei Colli Albani, e della Valle Marciana (100mila anni fa).

Oggi, dunque, si sta rimettendo tutto in moto e gli scienziati si interrogano sulle bizzarrie geologiche di quest'area; che non è riconducibile ad altri fenomeni vulcanici registrati nei millenni nel centro Italia. Qui, infatti, agiscono forze compressive che in pratica cicatrizzano le fratture della roccia sottostante, soffocando l'energia sprigionata dalle faglie e il magma proveniente dal mantello; che a lungo andare, però, spinge contro la crosta terrestre provocando nuove rotture, che predisporrebbero all'uscita della lava. Un'inversione di rotta che, di fatto, confrontandoci con l'ultima fase dell'Olocene (la subatlantica), è già avvenuta, su per giù 2mila anni fa; è dunque del tutto plausibile che a pochi chilometri da Roma una camera magmatica si stia riempiendo di nuovo materiale rovente, pronto a brillare in un futuro non troppo lontano; forse fra decine o centinaia di anni, che in termini geologici sono comunque inezie. Si parla infatti di ere per definire raggruppamenti geocronologici che risalgono agli albori della Terra, e che presuppongono cambiamenti geologici che non possono essere minimamente paragonati all'esistenza media di un uomo.

E' presumibile supporre che il problema riguarderà i nostri discendenti che, preparati all'evento, avranno tutto il tempo per correre ai ripari. Anche a loro, infatti, si penserà durante i lavori che permetteranno nei prossimi mesi di mettere ulteriormente in luce quel che sta succedendo nel sottosuolo a sud est della città eterna.

Si vuole, infatti, valutare con precisione il motivo dei rigonfiamenti del terreno nei dintorni di Roma; per poi, eventualmente predisporre un monitoraggio costante che, a differenza di quel che accade in sismologia, ci permetterà di prevedere con anticipo il prossimo patatrac naturale.

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