La guerra allo Stato islamico non è finita. La scorsa settimana gli Stati Uniti, con l'appoggio di soldati iracheni, hanno lanciato una delle più grandi operazioni antiterrorismo degli ultimi anni. In un blitz condotto nel Nord, nella regione di Anbar, sarebbero stati uccisi almeno 15 miliziani dell'Isis. Secondo quanto riporta il New York Times raid sarebbe stato condotto con oltre 200 uomini dei due Paesi impegnati nella ricerca dei miliziani in diversi bunker.
Funzionari americani hanno fatto sapere che sette soldati americani sono stati feriti, ma soprattutto che l'ampiezza del dispositivo dimostra come negli ultimi anni la formazione terroristica delle bandiere nere si sia rinforzata. L'obiettivo primario del blitz è stato il comandante delle operazioni in Europa e Medio Oriente. In un comunicato diffuso dalle autorità irachene si legge che l'operazione è avvenuta all'alba di giovedì scorso nei pressi del fiume che taglia il deserto dell'Anbar in un area intorno a Falluja e intorno a un zona denominata Al Hazimi.
Le autorità americane non hanno ancora dato conferma dell'identità, ma un comunicato del Central Command ha fatto sapere che l'operazione ha preso di mira leader dell'organizzazione "con l'obiettivo di interrompere la capacità del gruppo di organizzare attentati contro iracheni, gli Stati Uniti e e gli alleati". Come ha notato il Times l'operazione congiunta arriva in un momento delicato. Poco tempo fa il premier iracheno Mohammed Shia al-Sudani e il comandante delle forze armate avevano detto di essere in grado di tenere a bada l'insorgenza senza l'assistenza americana. Da tempo Baghdad e Washington stanno negoziando il ritiro delle truppe americane dal Paese. Al momento in Iraq sono ancora presenti 2.500 soldati, mentre nella vicina Siria sono circa 900.
Da settimane si registra un aumento dell'attività islamista in tutta l'area. Il Central Command lo scorso luglio ha detto apertamente che tra Siria e Iraq il numero di attacchi dello Stato Islamico quest'anno raddoppieranno rispetto al 2023. Nei primi sei mesi di quest'anno i miliziani delle bandiere nere hanno rivendicato 153 attacchi solo tra Siria e Iraq. A preoccupare è soprattutto il lato siriano, ma anche le pieghe del deserto nella regione dell'Anbar. Charles Lister, esperto di terrorismo e direttore del Middle East Institute, ha avvertito sul Times che sarà necessario intervenire su questi "rifugi sicuri" per evitare che l'Isis torni a colpire fuori dal Siraq.
Negli ultimi 10 mesi le operazioni di antiterrorismo contro obiettivi dell'Isis nel solo Iraq sono state oltre 250, ma l'ultimo raid è stato diverso e più complesso. Per prima cosa si è trattato di un assalto condotto con gli elicotteri, ma soprattutto di un'operazione in cui gli iracheni hanno contribuito con pochissimi operativi, mentre gli americani hanno impiegato oltre 100 uomini delle forze speciali.
Il giorno dopo un nuovo raid, stavolta condotto da forze irachene con la supervisione dei droni americani, ha portato alla cattura di due miliziani sfuggiti 24 ore prima e al recupero di documenti sulle fonti di finanziamento del gruppo. Il 2 settembre, il Central Command ha diramato un secondo comunicato spiegando di essere entrato in azione in Siria insieme alle Syrian Democratic Forces (SDF), per catturare un leader islamista noto come Khaled Ahmed al-Dandal, un facilitatore responsabile della fuga di miliziani da una prigione di Raqqa.
Michael Erik Kurilla, generale e comandante del Central Command ha spiegato che al momento in una ventina di strutture nella Siria orientale sono detenuti circa 9 mila miliziani, "una sorta di esercito dell'Isis dietro le sbarre. Se una parte di questi combattenti dovesse scappare rappresenterebbero una minaccia per la regione e per quelle vicine".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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