La squallida serie tv dell'orrore girata da Hamas

La liberazione degli ostaggi da parte di Hamas è studiata nei minimi particolari per massimizzare il risultato mediatico. Quella che va in scena è una vergognosa sceneggiata che lede la dignità dell'uomo

La squallida serie tv dell'orrore girata da Hamas
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Nel mondo del cinema e delle serie tv c'è un nuovo genere "made in Medio Oriente": è lo squallido horror messo in scena da Hamas per immortalare la liberazione degli ostaggi israeliani. Dietro alle carnevalate orchestrate dai terroristi palestinesi c'è uno studio approfondito, volto a massimizzare l'impatto mediatico di ogni singola liberazione. Viene studiato tutto: il luogo in cui i malcapitati verranno restituiti al loro Paese, i costumi degli attori (guerriglieri), la trama. Ogni dettaglio non è lasciato al caso. E tutto il mondo, poi, manda in onda quel terribile siparietto, che offende la dignità delle persone. Il grande protagonista dello sceneggiato, ovviamente, è Hamas, che "ripulisce" la propria immagine concedendo la libertà ai malcapitati prigionieri.

Il rito più o meno è sempre lo stesso. C'è un palco, dove salgono i prigionieri con i loro aguzzini, debitamente incappuciati e armati fino ai denti, c'è la "scenetta" della firma di un documento con cui si attesta la liberazione, e c'è addirittura un oggetto che pende dal collo dei poveretti che stanno per essere rimandati a casa. Di cosa si tratta? Ironia della sorte è una tesserina plastificata, una sorta di badge, come se fossero dei lavoratori. Invece sono solo delle comparse, loro malgrado, di una serie tv dell'orrore.

Pare che tra i registi di questo squallido show ci sia un certo Abu Obaida, 40 anni, portavoce delle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas nella Striscia, che nelle foto appare sempre con una kefiah che gli copre il viso. Il suo vero nome dovrebbe essere Hudayfa Samir Abdallah al-Kahlout. Un altro "regista" è Basem Naim, ex ministro della Salute a Gaza, che ultimamente si occupa dei rapporti coi giornalisti stranieri.

La spettacolarizzazione dell'orrore non è una novità. Già l'Isis aveva terrorizzato il mondo diffondendo filmati raccapriccianti, persino delle esecuzioni sommarie dei prigionieri, talvolta sgozzati senza pietà. Ora, però, c'è un cambio di registro: non si mostra più il sangue, la propaganda di Hamas ha bisogno di inviare un messaggio diverso, per esaltare la propria forza. Fa vedere la propria presunta "bontà d'animo", unitamente alla forza del movimento. Vedere tutti quegli uomini che ostentano armi e liberano dei prigionieri, tra la folla di civili che preme (ovviamente portata lì in modo orchestrato), fa venire in mente un movimento schiantato dalle armi d'Israele dopo un anno e mezzo di guerra, o invece evidenzia, in modo plastico, che Hamas è ancora oggi viva e vegeta?

L'uso strumentale dei prigionieri è una pratica vergognosa. A tal proposito è bene ricordare che le immagini video e le foto che mostrano prigionieri di guerra costituiscono una violazione della Convenzione di Ginevra, ma è sin troppo facile fregarsene.

La guerra da tempo si combatte non solo sul campo e con le armi ma anche con le immagini e

la narrazione. L'obiettivo è influenzare l'opinione pubblica in tutto il mondo. Ma cosa si potrebbe fare per non sottostare al ricatto mediatico di Hamas? Forse oscurare quelle immagini, non mostrarle, almeno in Occidente.

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