Spesso accade che dai peggiori insuccessi nascono le più grandi vittorie. Il ritiro militare degli Stati Uniti dall'Afghanistan - che molti addetti ai lavori avevano giudicato come il più grande fallimento della politica estera americana - si sta rivelando a distanza di due anni, un vero e proprio capolavoro strategico. Del resto, gli accordi che sancivano il ritorno dei talebani al potere erano stati firmati in maniera congiunta nel febbraio del 2021 a Doha, dall'amministrazione Trump e da una delegazione col pakol arrivata direttamente da Kabul.
Tutto questo molto prima che gli «studenti», vent'anni dopo, riconquistassero la catena di comando senza sparare nemmeno un colpo per le strade del Paese. La Casa Bianca infatti, lasciando il territorio per sempre, almeno per ora, aveva scommesso sull'incapacità delle nuove generazioni (cresciute tra le scuole coraniche e le università occidentali) di controllarlo del tutto.
Tensione permanente ed instabilità. Due formule alchemiche che hanno favorito nell'ultimo periodo la crescita dello Stato Islamico partendo proprio dalla regione del Khorasan (da qui la sigla Isis-K). Così il ritorno all'ordine talebano, sfidato appunto dal «Califfato risorto» in Asia meridionale e centrale, è diventato col passare dei mesi una pistola puntata contro gli stessi nemici del Pentagono. La striscia di attentati rivendicati dai jihadisti ha di fatto colpito in ordine: l'Iran (attentato a Kerman, vicino alla tomba di Qassem Soleimani, nel gennaio 2024) e la Russia (attentato a Mosca, al Crocus City Hall, nel marzo 2024), e persino la Cina corre il rischio, per via dei confini con lo Xinjiang musulmano, di finire nella spirale terroristica (al momento non si è registrato alcun attacco, ma non è da escludere negli anni a venire qualche azione spettacolare come non le abbiamo viste).
A queste tre nazioni ora se ne aggiunge una quarta: l'India. Non propriamente un nemico degli Stati Uniti, in compenso dall'inizio della guerra in Ucraina, il governo di New Delhi si è sempre smarcato da una qualsiasi condanna dell'invasione russa. Se già nel novembre 2022 Wilayah al-Hind, la divisione dell'ISIS in Kashmir, aveva giurato la propria fedeltà al nuovo Califfo Abu al-Husseini al-Qureshi, stando all'ultima pubblicazione della rivista di propaganda Voice of Khorasan, il Kashmir è stato definito «il paradiso sotto il controllo degli infedeli». E vengono testualmente invitati tutti gli affiliati a compiere attacchi contro la popolazione indù. La strategia è sempre la stessa: radicalizzare la popolazione musulmana minoritaria e, sulla base delle faglie interne religiose, incoraggiare la violenza settaria nel Paese.
Il momento per l'Isis-K appare propizio ora che può contare sul confinante Afghanistan come trampolino di lancio per azioni terroristiche, all'interno di una regione che ha visto l'indebolimento del presidente Narendra Modi, uscito sconfitto nelle ultime recenti elezioni nello Stato del Kashmir.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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