Una tragedia moderna dove l'ironico narratore è il padre, il coreuta il figlio e il coro il pubblico. Parlare con rispetto della morte per raccontare la vita. «Il rapporto tra padre e figlio, nuovo e antico, suggellato da un affetto testamentario - dice Mario Maranzana attore e autore dell'adattamento de La fine è il mio inizio, in prima nazionale stasera al Piccolo Teatro, rilettura drammaturgica del libro testamento dell'indimenticabile Tiziano Terzani, per la regia di Lamberto Puggelli. «Un monito dolcissimo per i giovani sperduti e naufraghi nella famiglia moderna» continua Maranzana (che con Terzani ha anche un'incredibile somiglianza fisica), anche interprete nei panni del giornalista scomparso nel 2004, insieme a Roberto Andrioli, suo allievo alla scuola del Piccolo, in quella del figlio Folco. «Ho accettato di mettere in scena il testo di Terzani - dice il regista Lamberto Suggelli - perché credo in un teatro che unisca spiritualità e vita vissuta, impegno morale e civile, realismo e utopia». Pubblicato da Longanesi, alla sua settima edizione, il libro registra le parole di Terzani che tre mesi prima di morire, chiama il figlio Folco ad Orsigna, nella loro casa di montagna, per raccontargli la sua vita. Parola dopo parola, ricordo dopo ricordo, Terzani mostra l'umanità di una vita intensa, colorata ed energica, il suo amore per i viaggi e il suo essere testimone degli eventi della Storia, le guerre e i grandi temi politici degli ultimi cinquant'anni. Nellincipit del testo Terzani chiede al figlio di mettere per iscritto i loro dialoghi.
Il libro sembra nascere proprio per il teatro, aprendo nel lettore/spettatore finestre su interrogativi esistenziali e ironiche prese di coscienza.La fine è il mio inizio
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