«Nessun paese dell'entroterra di Genova ha caratteristiche simili a quelle di Tiglieto, per ariosità e serenità del paesaggio»: così recita la parte introduttiva del depliant turistico appoggiato sui tavoli del Comune del piccolo centro quasi al confine con la provincia di Savona. Eppure tanta serenità anche solo paesaggistica è stata sconvolta in questi ultimi due giorni da un evento tragico, straziante per la piccola comunità del borgo di montagna. Colpi sordi nella notte di lunedì: due diretti contro le sorelle Alsia di 84 anni e Tersilia di 80, e un altro colpo di pistola, forse due, contro se stesso. Così Giampiero Assandri 69 anni ha posto fine alla vita della famiglia gettando nello sconforto e nell'incredulità il paese intero. La paura - quella vera - sembra essere penetrata anche nelle mura delle case della Valle Stura. I boschi di roverelle, carpini, noccioli, pioppi e conifere, che coprono il territorio e d'autunno si incendiano di magnifici colori sembrano anch'essi soffrire. E «soffrono» di un male incurabile: la solitudine. Anche la nebbia fitta che accompagna il viaggio verso il paese, accentua linquietudine. La neve accatastata ai margini della statale - che porta dritti davanti al bar-albergo-ristorante «Pigan», sembra essersi sporcata del colore della tragedia. A nulla serve alzare lo sguardo e sentire che ne sta scendendo dell'altra, soffice e compatta.
L'abitato sparso e ben mimetizzato tra gli alberi, con case che conservano i caratteri della tradizione rurale in questa parte della valle dell'Orba, sembra voler ancora una volta chiedere silenzio. Ma per quanto l'occhio possa spaziare verso orizzonti lontani del Dente e del Beigua, alla fine il richiamo della tragedia torna forte e prepotente. E la stessa piana, cuore storico e paesistico del paese con la sua badia cistercense, sembra voler offrire un'immagine diversa rispetto a qualche giorno fa. «Perché qui tutto può dirsi cambiato. Mai avremmo potuto immaginare una cosa del genere», dichiarano alcuni abitanti. «Il dolore e la paura hanno terrorizzato Giampiero che ha scelto di farla finita. Ha scelto per tutti, per sé e per le sorelle che amava. La solitudine ci può anche stare, ma non crediamo che possa essere stata l'unica ragione. C'è dell'altro. E le risposte sono lì in quella casa, in quel loro spazio che hanno cresciuto e mantenuto davvero come fosse un figlio», aggiungono senza esitazione alcuni clienti del piccolo bar in città.
Ed è proprio in questo antico casale - che si chiamava Centro, ma che per tutti è diventato da un secolo «Pigan» -, che si nascondono gli interrogativi di questa tragedia. Un nome e un marchio insomma che ha visto personaggi famosi soggiornarvi e i genovesi scoprire le bellezze del soggiorno in villa. Perché «Pigan» alla fine era diventato l'albergo per antonomasia in paese dove ancora oggi spuntano le seconde case e le ville dei turisti: lombardi, torinesi e soprattutto genovesi. Eppure tanto splendore lascia oggi spazio alle domande. Non più dunque un porticato e delle sedie in vimini nel giardino a fare da riferimento ai turisti estivi che affollano l'alta val d'Orba (tanto da arrivare a 3mila presenze), ma soltanto un marchio, un'insegna diversa, quella della tragedia. Basta entrare per rendersene conto. L'ingresso freddo e buio chiarisce l'idea. I tavolini in legno, tutti rigorosamente allineati, il fax, un vecchio telefono e un televisore spento trasmettono il senso dell'impotenza di una famiglia vinta dalla drammaticità della vita. Il vialetto pulito e liberato dalla neve fino a pochi giorni fa con delle grosse pale ancora appoggiate al muro, è innevato. Resta un solo nastro rosso e bianco e i passi dei carabinieri, dei soccorritori, dei giornalisti e di quanti si sono avvicinati per cercare di capire quanto è successo. «Le indagini facciano il loro corso.
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